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Kaput lager: Gli ultimi giorni delle SS: il primo “nazi-porno” di Luigi Batzella

Segnali dall’universo digitale. Rubrica a cura di Francesco Lomuscio

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In molti casi – per esempio in quelli dello spaghetti western Anche per Django le carogne hanno un prezzo e dell’horror Il plenilunio delle vergini – si è firmato con lo pseudonimo Paolo Solvay, ma, nato nel 1924 e scomparso ottantaquattro anni più tardi, il sardo originario di San Sperate Luigi Batzella è come Ivan Kathansky che si è posto dietro la macchina da presa nel dirigere i suoi due titoli appartenenti all’infame filone che qualcuno ha definito “nazi-porno”: Kaput lager – Gli ultimi giorni delle SS e La bestia in calore, entrambi datati 1977

Un filone costituito, in realtà, da lavori tutt’altro che manifestanti espliciti dettagli hard di accoppiamenti sessuali e che, sviluppatosi sulla scia di successi del calibro di Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini e Salon Kitty di Tinto Brass, individua soprattutto nel secondo dei due citati lavori batzelliani i propri basilari ingredienti, a partire dalle immagini di estrema violenza.

Infatti, mentre in quella pellicola giustamente trasformatasi in cult del trash tricolore si sguazza tranquillamente e con grande disinvoltura in mezzo a unghie strappate, affamati ratti sul corpo di povere vittime, folli esperimenti genetici e, soprattutto, Sal(vatore) Baccaro calato nel ruolo di un mostruoso essere dai connotati primitivi impegnato a stuprare povere sventurate durante la Seconda Guerra Mondiale, Kaput lager – Gli ultimi giorni delle SS ci va decisamente più leggero.

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Con un plot immerso nel deserto africano, dove i superstiti di un comando americano finiscono nel Lager 113 in Libia, l’azione prevede un aguzzino dalle fattezze di Gordon Mitchell e una dottoressa incarnata dalla baviana Lea Lander (la ricordate in Sei donne per l’assassino e Cani arrabbiati?) alle prese, come di consueto, con la messa in atto di orrori inflitti dalle SS su prigionieri e beduini.

E sono i tentativi di fuga tentati dagli americani per raggiungere le truppe alleate in avvicinamento ad accompagnare la oltre ora e venti di visione che, come accennato molto più incline all’avventuroso di stampo bellico che  al nazi-erotico a base di efferatezze, a partire dall’abbondanza di immancabili nudi integrali femminili non manca, comunque, di tirare in ballo elementi e situazioni da antologia del (sotto)genere.

Perché, al di là delle immagini di uomini evirati, non manca di tirare in ballo un Mike Monti cui viene fatta bere l’urina di un soldato, Zaira Zoccheddu costretta a strisciare senza vestiti sul pavimento e la già citata Lander che, chiaramente omosessuale e sadomaso nei gusti del proprio personaggio che tanto ricorda la Ilsa dell’omonima saga, prova orgasmico piacere nel lasciarsi frustare dalla Agnese Kalpagos di Gola profonda nera e Operazione Kappa: Sparate a vista.

Il resto, tra scontri a fuoco e azioni militari, lo fa il ricorso al riciclaggio di materiale audiovisivo proveniente da altri film, a cominciare da I giardini del diavolo di Alfredo Rizzo.

Disponibile su supporto dvd sotto il marchio Perseo Video (www.cgentertainment.it), con sezione extra rappresentata da biografie testuali del regista, della Lander e del Richard Harrison che veste i panni del maggiore Lexman.

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