“Ricordare, ricordare è come un po’ morire, tu adesso lo sai, perché tutto ritorna, anche se non vuoi”: guardando l’intensa opera prima di Giambattista Assanti tornano prepotentemente alla memoria i versi scritti da Giuseppe Tornatore e intonati dalla voce esitante ma molto toccante di Gérard Depardieu, sulle struggenti note del maestro Ennio Morricone, per la colonna sonora di Una pura formalità. Si, perché Ultima fermata (2015) è un film incentrato sulla necessità dell’elaborazione dei vissuti emotivi, nella fattispecie quelli generati dal difficile rapporto tra un padre e un figlio: Rocco Capossela (interpretato da un opportuno Luca Lionello) dopo molti anni torna nel suo paese d’origine, in terra di Irpinia, in occasione della morte del genitore, Domenico (Nicola Di Pinto), il capostazione del luogo. Questa situazione lo pone di fronte a un passato cui ha cercato sempre di sfuggire; ma stavolta non può più evitarlo, è costretto ad affrontarlo, a imparare ‘a guardarsi indietro’.
Ultima fermata è un’opera intimista, fatta di silenzi che, però, non sono mai gratuiti, ma sempre significanti, eloquenti, in grado di veicolare efficacemente i movimenti interiori del protagonista, colto in un a corpo a corpo con se stesso e la sua origine. Come scriveva il professor Martin Heidegger a proposito della poesia Arrivo a casa. Ai miei familiari di Holderlin: “Arrivando, colui che ritorna non ha ancora raggiunto la patria. Così essa «è difficile da guadagnare». Così anche chi arriva resta ancora uno che cerca. Ma ciò che cerca gli viene già incontro. È vicino”. Il ritornare implica una torsione etica profonda, è come se si dovesse colmare l’abisso che nel tempo dell’assenza si è formato tra ciò che si era e ciò che si è. Il conflittuale rapporto dialettico interiore necessita di risolversi in una sintesi attraverso cui raggiungere un’unità superiore. E tale ‘lavorio’ comporta uno sforzo titanico, laddove ciò che è in gioco è il superamento di se stessi. L’amore per la ritrovata Nina (Francesca Tasini) costituisce per Rocco un benefico balsamo grazie a cui mitigare l’immane sforzo che è chiamato a compiere.
A fornire un ulteriore respiro emotivo al film è la circostanza dell’amore intercorso tra Domenico e Rosa (ancora una volta splendida – e non potrebbe essere altrimenti – Claudia Cardinale) dopo la morte della madre di Rocco, un fatto, questo, che ha avvelenato ancor di più il rapporto (anche del fratello) con il padre. Il dialogo, però, riuscirà a dissipare quei fantasmi che in tanti anni avevano sempre più sfilacciato e intossicato le dinamiche familiari.
Impossibile, infine, non segnalare la bellezza del paesaggio irpino sullo sfondo del quale prende corpo l’azione. Gli scenari suggestivi del territorio incontaminato, solo di tanto in tanto attraversato dalle rotaie di una ferrovia che tracciano il movimento emotivo dei personaggi, costituiscono davvero – non è un modo di dire – l’altro decisivo personaggio del film, quel luogo natio, al cui irresistibile richiamo non si può resistere.
Ultima fermata di Giambattista Assanti è un altro di quei film che, come spesso notato dallo scrivente anche in passato, fanno ben sperare sul futuro del cinema italiano, di contro all’insopportabile litania del piagnisteo troppo spesso intonato a sproposito da addetti ai lavori e non. Un film indipendente, capace di destare il più vivo interesse. Sta a noi spettatori riconoscerne il valore e, magari, fare proseliti.
Pubblicato da Stemo Production e distribuito da CG Entertainment, Ultima fermata è disponibile in dvd, in formato 2.35:1, con audio Dolby Digitale 2.0 e sottotitoli per non udenti opzionabili. Nei contenuti extra è presente il trailer.
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