Dipenderà dalla lentezza della nostra distribuzione, che ha deciso di farlo uscire a due anni di distanza da quella americana (peraltro avvenuta direttamente su piattaforme on demand), sta di fatto che Io, Dio e Bin Laden, diretto da Larry Charles, appare un film sorpassato dagli eventi che, nel frattempo, sono intercorsi dai tempi della sua realizzazione. A cominciare dal contesto, di certo alterato rispetto alla realtà dei fatti, ma comunque riferibile alla vera storia di Gary Faulkner, ex detenuto disoccupato e in missione “per conto di Dio” dal giorno in cui lo stesso gli comanda di mettersi alla ricerca di Osama Bin Laden e di catturarlo (in Pakistan, dove Faulkner si recò ben 11 volte). C’è poi il fatto che a interpretare il ruolo del protagonista sia Nicolas Cage, ex divo hollywoodiano che ai tempi del film godeva di un margine di credibilità oramai consumata dall’anonimato delle ultime scelte. A completare il quadro la presenza occulta (perché nascosta tra i tanti nomi elencati nei titoli di coda) dei “famigerati” fratelli Weinstein, non si sa in che termini coinvolti nella produzione del lungometraggio.
Fin qui autore di biografie “inventate” (Borat, Bruno), Charles si cimenta per la prima volta nella messinscena di una persona realmente esistita mantenendo invariate le coordinate di un cinema che non riesce a prendersi sul serio anche quando si parla di Dio e Bin Laden, entrambi declassati a macchiette. In un simile scenario non stupisce ritrovare un attore come Cage, da sempre a proprio agio quando si tratta di procedere a briglia sciolta. Dello sgangherato carrozzone messo in piedi dal regista è certamente il mattatore, come sempre sopra le righe, ma mai come questa volta in maniera appropriata alla situazione. Visto con gli occhi del suo personaggio si riesce quasi a credere che qualcosa di simile possa essere davvero accaduto. Non è poco!