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Film da Vedere

Transamerica, cosa sapere sul film di Duncan Tucker, con Felicity Huffman

L'esordiente Tucker centra al primo colpo il capolavoro con un magnifico ritratto incastonato come un diamante tra due sessi, tra due sponde, tra due idee di mondo, tra due concezioni d'umanità. Indimenticabile Felicity Huffman

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Transamerica, film del 2005 diretto da Duncan Tucker. Per questo ruolo Felicity Huffman è stata nominata per l’Oscar alla miglior attrice e ha ottenuto il Golden Globe per la migliore attrice in un film drammatico. L’Italia è stato il paese non di lingua inglese in cui il film ha realizzato il maggior incasso e il terzo in assoluto dopo Stati Uniti e Regno Unito.

Sinossi
Bree è una transessuale che vive a Los Angeles ed è in attesa dell’ultimo intervento, quello che la renderà definitivamente donna. Un giorno riceve la chiamata da un carcere di New York: è Toby, un ragazzo in cerca del padre che non ha mai conosciuto. Bree capisce di essere il padre del ragazzo, nato da un rapporto occasionale avuto ai tempi del college. Per chiudere con il suo passato, Bree decide di incontrarlo e vola a New York.

Transamerica è un film che, oltre ai consueti interrogativi sulla natura dell’amore e sulla definizione di termini come paternità o famiglia, pone il problema umano del rapporto tra essere e voler essere. Queste condizioni, di solito, sono diverse e perfino inconciliabili: non è raro che alla vocazione non corrisponda il talento, e che l’aspirazione non sia sostenuta da adeguate capacità. Ragionando per analogia, si dovrebbe concludere che un uomo desideroso di diventare donna sia solo vittima di un’eccentrica velleità, se non di una vera e propria malattia psichica. Per contro, la storia di Stanley/Bree (Felicity Huffman) avanza il dubbio che, invece, possa trattarsi della normale reazione di una mente sana e consapevole di sé imprigionata in un corpo del sesso sbagliato. Se davvero esiste una psiche femminile (ai genetisti ed ai neurologi il compito di appurarlo), la disforia sessuale sarebbe allora imputabile ad un errore della natura, che unisce un corpo e un anima di generi opposti. Un essere umano si riconosce come tale per confronto con i suoi simili; e si sente di appartenere alla specie anche se il suo aspetto fisico magari gli suggerisce il contrario, a causa di qualche anomalia morfologica congenita o acquisita. A quest’ultima (qualora si tratti, ad esempio, di un arto mancante o malformato) è certamente opportuno rimediare. Perché, allora, il discorso non dovrebbe estendersi anche al caso di un corpo le cui caratteristiche sessuali siano in disaccordo con le inclinazioni spirituali e affettive di un’anima che sente di appartenere al mondo femminile?

Se si suppone, invece, che la coscienza di genere sia un dato acquisito a posteriori, in base alla classificazione che noi (con o senza l’aiuto dell’ambiente) operiamo su noi stessi e sugli altri secondo le nostre sembianze, allora la cosiddetta riassegnazione sessuale del transgender dovrebbe tradursi non in un intervento chirurgico, bensì in una terapia a livello psicologico.

Il fatto interessante è che, in entrambi i casi, l’iter del transgender non può essere una deviante fuga nella trasgressione, bensì un percorso di riallineamento con il resto della società, che lo porti ad essere, come la protagonista del film, a tutti gli effetti, una donna tra le donne. Bree non fa della propria condizione una bandiera politica, né un capriccio individualista, bensì la percepisce come uno stato di grave disagio da cui occorre risorgere con coraggio e determinazione, uniti ad un profondo senso di responsabilità. Questa persona, per cui essere una donna non è un dono di natura, ma deve essere una dolorosa conquista personale, non confonde la sincerità con l’ostentazione, né la dignità con un’egocentrica forma di orgoglio. Il suo outing non è una provocatoria dichiarazione pubblica, bensì un modo aperto ma discreto, coerente ma non ottuso, di vivere il proprio stato, senza nulla nascondere, ma senza nemmeno rinunciare a quello che, per tutti, è il giusto limite del pudore.

  • Anno: 2005
  • Durata: 103'
  • Genere: Commedia
  • Nazionalita: USA
  • Regia: Duncan Tucker

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