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Legion, il finale di stagione: quando anche la percezione del Bene e del Male diventa una questione di sfumature

Anche dalla labirintica, contorta e a tratti perversa fantasia di Noah Hawley sembra ci sia uno spiraglio d’uscita: si è conclusa la seconda stagione di Legion, e anche se “surreale” è il termine che viene sempre in mente per definire il serial su uno dei mutanti più misconosciuti della Marvel, va detto che con questi nuovi 12 episodi il mosaico comincia ad avere un senso, e la storia di Legion comincia ad avere contorni più definiti.  

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Il protagonista di Legion, David Haller – il cui ruolo è ricoperto con una sicurezza interpretativa sempre maggiore e più convincente da Dan Stevens – ha compiuto un percorso che sembra adesso aver avuto il primo turning point: tra salvezza e caduta, il suo percorso così peculiare ha mostrato come forma e sostanza dell’essere umano (e quindi del supereroe) siano differenti solo a seconda della diversità della percezione. Si, perché è tutta una questione di percezione: se all’inizio David sembrava solo un folle, e se poi sembrava tramutarsi pian piano in inconsapevole e riluttante eroe, adesso invece il suo ruolo è più quello di un villain inusuale, facendo si che gli svariati pezzi del puzzle si incastrano un po’ meglio.

Non è un caso, ovviamente, se la numerazione degli episodi è proseguita dalla prima alla seconda stagione senza soluzione di continuità, indicando chiaramente che il sentiero percorso è lo stesso, che l’evoluzione è sempre attiva: che Legion è in fin dei conti un racconto di formazione sui generis, che ha privilegiato la forma del racconto alla costruzione dell’intreccio, che ha messo in primo piano la messa in scena piuttosto che la credibilità – ma che alla fine si è dimostrato opera fine e intelligente, con personalità e di raro spessore.

Legion

Certo, per tirare a sé tutte le trame Hawley ha dovuto necessariamente, in questo episodio 2.12, adagiarsi sugli archetipi del genere superomistico abbandonando i binari di quella surrealtà grottesca che aveva contraddistinto il racconto: dimostrando però, alla faccia di chi criticava l’eccessivo stallo di alcuni momenti e i barocchismi stilistici che potevano andare a discapito di una linearità narrativa, tutti i nodi sono venuti perfettamente al pettine.

Impeccabile il confronto tra le due figure principali, complementare e speculari, di Legion (che finalmente è stato chiamato con il suo nom de plum; così come ha finalmente sfoggiato, nel penultimo episodio di stagione, la sua classica pettinatura post-punk da fumetto) e del Re Delle Ombre, cattivo non cattivo al centro di fascinazioni metaletterarie e suggestioni visive non da poco: la sfida tra i due è a dir poco coinvolgente, quando non sul piano prettamente fisico, certamente su quello psicologico, dove si affrontano due facce della stessa medaglia rivelandosi uno il riflesso dell’altro, uno la continuazione e la conseguenza ontologica dell’altra, tracciando le coordinate di un cerchio di moebius.

È qui che lo scontro tra i due diventa fisico e poi mentale, mentre Legion dà il meglio di sé sovrapponendo gli stati e le percezioni, sfociando alla fine in un duello disturbante con sprazzi orrorifici e particolarmente inquietanti.

Legion

Ed è anche qui che le sfumature diventano essenziali: nella furia insaziabile dei pugni che David sferra al suo nemico, nell’inestricabile piacere dietro ogni forma di sopraffazione. Re delle Ombre contro Re della Luce? Si, se si prende alla lettera la trasformazione finale di David negli ultimissimi secondi dell’episodio; ma anche no, se si guarda tutto dalla giusta distanza. Trovando innegabili assonanze con il capolavoro di Otomo, l’anime Akira; e osservando l’arroganza dell’uomo che volle farsi Dio.

Infine, è qui che trovano un senso compiuto, sublime e assoluto, le introduzioni di voce off fatte da Jon Hamm: come un cerchio che trova la sua quadratura, l’uovo, i germogli del male, i mostri e le idee, la malattia e la forza della mente si inseriscono nella lettura dei sottotesti del serial giocando sui confini, certo, ma anche sul concetto di manipolazione (sensoriale, percettiva, visiva, letteraria).

Lasciando con un nuovo dubbio.

Come la prima stagione si chiudeva interrogandosi sul destino di David prigioniero di chissà chi, la seconda si chiude ponendo inquietanti quesiti su cosa sia il Bene e cosa il Male; ma soprattutto, se anche la loro definizione sia solo un problema di percezione.

di GianLorenzo Franzì

  • Anno: 2018
  • Durata: 12 episodi
  • Distribuzione: Sky Atlantic
  • Genere: Fantascienza, thriller, drammatico
  • Nazionalita: USA
  • Regia: Noah Hawley 

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