Capitalism: a love story è un film documentario del 2009 scritto, prodotto e diretto da Michael Moore, presentato in concorso alla 66ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Alla 66ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, il documentario Capitalism: A Love Story ha vinto il Leoncino d’Oro Agiscuola per il Cinema e il premio Open 2009. Il documentario è stato inoltre nominato per il Leone d’Oro, premio assegnato invece a Lebanon di Samuel Maoz.
Sinossi
A vent’anni esatti dal pionieristico Roger & Me, il nuovo film di Michael Moore ritorna sulla questione esaminata dal regista nel corso di tutta la sua carriera: gli effetti disastrosi prodotti dal dominio delle grandi aziende sulla vita quotidiana degli abitanti degli Stati Uniti e del mondo intero. Ma stavolta il colpevole è molto più grande della General Motors, e la scena del crimine molto più ampia di Flint, Michigan. Mescolando l’umorismo all’indignazione, Moore esamina la tormentosa questione del prezzo pagato dall’America a causa del suo amore per il capitalismo.
Successivo a Sicko, Capitalism: a love story si concentra sulla crisi finanziaria mondiale scoppiata nel 2006 negli Stati Uniti d’America per colpa dei mutui subprime ponendosi come un atto di accusa nei confronti dell’attuale sistema economico statunitense e del capitalismo stesso. La critica al sistema capitalistico passa attraverso la trattazione di diverse realtà e tematiche fortemente radicate all’interno del sistema statunitense: la “mentalità da casinò” che regna a Wall Street e mette a rischio l’intero sistema bancario, le prigioni a gestione privata, il sistema immobiliare, l’enorme influenza esercitata al colosso bancario Goldman Sachs sulle decisioni del governo, la disparità sociale, i bassissimi salari percepiti da un enorme numero di operai, le cosiddette “assicurazioni sul contadino morto”, e le conseguenze dell’iniqua distribuzione del benessere sociale. All’interno del film viene trattata anche la componente religiosa, in relazione alla quale Moore si propone di esaminare se il capitalismo si collochi nell’ottica cristiana ed evangelica come un vero e proprio peccato, nell’intento di mettere in luce la contraddizione alla base del sistema capitalistico stesso, supportato in larga parte da partiti fortemente legati alla religione. Il regista con la sua solita leggerezza e la frenesia dell’azione ci strascina nei meandri della catastrofe subprime, un capolavoro della finanza a fini di profitto. Ed ecco le sue interviste celebri, gli appostamenti, le trovate spettacolari, come quella di avvolgere l’intero edificio di Wall Street con il nastro giallo usato dalla polizia sul luogo del crimine. Il film è stato distribuito nelle sale cinematografiche italiane il 30 ottobre 2009. La produzione, pubblicizzazione e distribuzione del film ha richiesto un budget di 20 milioni di dollari, mentre gli introiti si sono attestati a circa 23-24 milioni di dollari, di cui quasi 5 dal mercato domestico, mentre nei cinema americani ha ricevuto soli 14 milioni di dollari.