Si è concluso da qualche settimana il secondo capitolo di La mafia uccide solo d’estate. La serie riprende due mesi dopo la conclusione della precedente, con la famiglia Giammarresi in fuga, nel porto di Palermo per liberarsi dalla mafia. A due mesi dalla morte di Boris Giuliano, Lorenzo Giammarresi vive nella costante angoscia di poter essere punito dai mandanti dell’omicidio per aver denunciato tutto ciò che suo figlio Salvatore aveva visto. Nel frattempo, la moglie Pia è in angoscia per la sua posizione lavorativa, mentre Salvatore, sulla spiaggia con i suoi amici, sogna di rivedere Alice, il suo grande amore. Gli unici in una migliore situazione sono Angela, felicemente innamorata, e lo zio Massimo che, nonostante i continui imbrogli con la mafia di Palermo, prosegue la sua vita con Patrizia.
La famiglia Giammarresi si appresta a vivere una nuova ‘annata’, contrassegnata da crisi individuali, lavorative e forti cambiamenti. Più di tutti, a mutare, sarà la forte Pia, che pur di realizzare il suo sogno e ottenere una cattedra nella scuola elementare, cederà alle lusinghe della raccomandazione. Logorandosi per scelte che ha preso, ma dimostrando quanto il suo amore per l’insegnamento possa fare la differenza in un luogo e negli anni in cui ancora il diritto allo studio non era considerato importante. Pia, oltre la raccomandazione e l’ignoranza di chi si rassegna nel non voler lottare per i propri studenti, da brava educatrice, insegna ai suoi allievi l’importanza dello studio, il diritto ad avere una passione, un’educazione. Dimostrando quanto, ancora oggi, lo studio e la conoscenza siano le uniche forme per sentirsi liberi. Lo scotto della sua scelta personale avrà una conseguenza nel suo rapporto con Lorenzo, da sempre innamorato della giustizia e della verità.
La punta dell’iceberg di questo secondo capitolo è proprio nell’interessante percorso che prende il personaggio di Lorenzo. Abituati alla sua costanza lavorativa, al suo attaccamento per la giustizia, Lorenzo sembra essere sempre più ossessionato da quest’ultima, finendo per guardare con spocchia chi prova a vivere nel giusto senza sacrificarsi totalmente. Questa sua esagerazione finisce per farlo scontrare e allontanare da Pia, la quale paga la disperazione del non lavoro e della precarietà. Il loro allontanamento è un momento di confusione per tutta la serie. I due capisaldi della famiglia Giammarresi, gli emblemi del grande amore, vacillano, assieme a una Palermo sempre più minacciata dall’arrivo di Riina e del suo clan. Solo la delusione di Lorenzo nelle istituzioni, il suo rendersi conto che non è tutto oro quel che luccica, fa aprire gli occhi sul suo comportamento e sull’amara realtà per la quale la mafia è dentro il luogo in cui non sarebbe mai dovuta arrivare.
Il grande collante della serie, animato dalle avventure dei Giammarresi, è la mafia, la protagonista del titolo, che comincia a scatenare la sua ferocia con la morte di Giuliano nel ’73, innescando una serie di terribili eventi che portarono la Regione Sicilia a prendere dei provvedimenti. Ucciso Boris Giuliano, si apre l’era di Santi Mattarella, figura appoggiata dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini, il quale era mosso dall’intenzione di pulire ciò che di sporco era arrivato nella Regione. Mattarella, reso speciale da un’aura con cui viene descritto da Pif e da Lorenzo Giammarresi, venne ucciso il 6 Gennaio del 1980, nell’unico giorno in cui aveva voluto far riposare la sua scorta, conscio del fatto che la mafia se vuole uccidere può farlo anche in un giorno di festività. L’omicidio di Mattarella, orribile come tutti gli altri, segnò il volto della Sicilia degli anni ’80, che iniziava a vivere il terrore del clan dei Corleonesi.
Pif ancora una volta riesce a regalare un pezzo di storia italiana facendo riflettere con le dovute parole, semplici e dirette, su tutto quello che Mattarella avrebbe voluto e potuto fare. La riuscita della serie, infatti, sta proprio in questo, gli eventi della famiglia di Salvatore si uniscono a quelli delle persone realmente esistite, che hanno combattuto contro la Mafia. La serie colpisce perché ‘favola’ e realtà si mescolano, Mattarella era l’eroe di Lorenzo Giammarresi, e come ogni eroe era umano, in quanto carico di quella forma di pietas che ogni persona vera possiede. La sceneggiatura, tanto cinematografica quanto seriale e documentaria, tesse indirettamente le lodi di questi eroi e promuove la normalità della vita di una famiglia qualsiasi descrivendone la quotidianità.
Le lacrime di Pia per Carmelo Iannì e l’incredulità per la scomparsa di Chinnici di tutta la famiglia non sono altro che le reazioni di un’Italia intera davanti alle stragi. Realtà e finzione, distanti ma vicine, convergono nella magnifica regione che è la Sicilia, teatro di tanto orrore. E ogni cosa è narrata dallo sguardo disincantato di un bambino. Salvatore, ancora voce guida della narrazione, spiega gli anni ’80 italiani con la genuinità di cui abbiamo bisogno per comprendere e ricordare la nostra storia.
Il secondo capitolo, composto da 12 episodi di nuovo diretti da Luca Ribuoli, vanta costumi e colonna sonora ricercati e dettagliati, e vanta un cast in stato di grazia. Difficile decidere chi sia il più bravo, se dovessimo farlo, la scelta potrebbe ricadere tra Scianna e Foglietta e forse ‘vincerebbe’ il primo solo per la cura con cui ogni espressione emotiva, drammatica o comica che sia, è collegata all’intera espressione del suo corpo, quasi sparito nella figura di Massimo.
La stagione si conclude con l’assassinio di Rocco Chinnici, 29 Luglio 1983, in una piazza, mentre osservava delle bancarelle di libri. Si apre dunque l’era Falcone-Borsellino, e già sappiamo cosa ci aspetta.
Simona Grisolia