«Suspiria è sicuramente cinema fantastico, frutto delle elaborazioni emozionali dell’autore principale, che è il regista, restituite attraverso immagini che certamente il regista non elabora e non realizza da solo. Ma allo stesso tempo è cinema realistico, relativamente alla realtà delle emozioni, paure, illusioni, pericoli legati alla quotidianità più comune». Così Luciano Tovoli, all’interno del bel volume Suspiria e dintorni. Conversazione con Luciano Tovoli, descrive, in un passaggio significativo della lunga intervista a cura di Piercesare Stagni e Valentina Valente, l’anima di un film che ha indelebilmente riformato l’immaginario cinematografico, divenendo nel tempo un punto di riferimento imprescindibile.
Suspiria (1977), oltre a essere un film straordinario che non cessa, a distanza di quarant’anni, di esercitare un incredibile fascino, costituisce anche e soprattutto una preziosissima testimonianza di quanto Dario Argento abbia saputo istintivamente cogliere i più complessi meccanismi che regolano l’articolazione interna allo statuto ontologico dell’immagine. Ma se ciò è stato possibile lo si deve al decisivo contributo fornito da un Autore della Cinematografia quale Tovoli, capace di pensare alla luce, ai colori e agli ambienti da illuminare come qualcosa di essenziale dal punto di vista espressivo, senza cui un film rischia di afflosciarsi su un dozzinale piattume visivo, anche a fronte, magari, di una storia bella e interessante da raccontare.
Dopo aver esordito nel 1961 con Vittorio De Seta nel film Banditi a Orgosolo, Tovoli ha collezionato una serie impressionante di grandissime collaborazioni: con Michelangelo Antonioni, con il quale nel 1974 realizzò Professione: reporter, girando uno dei più celebrati piani sequenza della storia del cinema, e nel 1979 Il mistero di Oberwald, la prima apertura veramente anticipatrice alle tecnologie destinate a cambiare il modo di fare film (nel 1972, invece, i due girarono il documentario Chung Kuo – Cina). E poi con Marco Ferrei (L’ultima donna, 1976), Valerio Zurlini (Il deserto dei tartari, 1976), Ettore Scola (Splendor, Che ora è), Barbet Schroeder, senza tralasciare l’incontro con uno dei più grandi registi di tutti i tempi, Andrej Tarkovskij, con cui, assieme a Tonino Guerra, sceneggiatore di Antonioni e Fellini, diede vita nel 1983 a Tempo di Viaggio, una conversazione su cinema, letteratura e arte tra i due grandi uomini di cinema.
Insomma, una carriera incredibile, irripetibile, che senz’altro ha trovato in Suspiria uno dei momenti più ispirati, laddove la cinematografia costituì un elemento, si potrebbe osare affermare, quasi preponderante rispetto alla regia. Sebbene Argento avesse le idee chiare su che tipo di film voleva realizzare, mirando alla colorimetria delle prime pellicole Technicolor, fu grazie alla caparbietà, alla creatività e alla testardaggine di Tovoli che fu possibile dare corpo a quella sinfonia di colori, luci e atmosfere che fu, ed è, Suspiria. Tovoli non esitò a tirar fuori le super lampade Bruti (chiamate così per la loro enorme potenza, fino a 25000 watt), munite della celebre lente Fresnel, che consentiva di concentrare e diffondere a piacimento la luce. Cercava di costruire un’atmosfera nella quale inserire gli attori, anziché un’illuminazione che li privilegiasse a scapito degli ambienti. I suoi riferimenti visivi erano Picasso, Braque, Kandinskij, Bacon, in vista di un uso davvero creativo della luce e del colore. D’altronde – nota Tovoli – Sergej Eizenstein nel 1941 scriveva che senza una concezione drammaturgica dei colori un film a colori non può esistere, il rischio è quello di cadere in un cinema variopinto.
Utilizzando la pellicola Kodak Eastmancolor, oltre alla tecnologia del Technicolor, Tovoli decise di amplificare ulteriormente la saturazione e la forza espressiva dei colori con dei velluti, attraverso cui filtrare il potente getto luminoso dei Bruti. Lo strepitoso risultato lo conosciamo tutti: il piacere che lo spettatore prova guardando Suspiria non conosce limiti temporali, ogni volta che ci si appresta a una nuova visione del film si rivive un immarcescibile godimento.
Ciò che, al netto dell’incredibile esito raggiunto, è bene sottolineare è la capacità trasfigurante della fotografia, ovvero quello sguardo attraverso cui essa è in grado di riformulare l’ordine simbolico all’interno del quale si mostra la realtà, senza permettere che quest’ultima si congeli in una rappresentazione prevedibile e, soprattutto, non emozionante: probabilmente è questo il grande merito di Luciano Tovoli, cui non dovremmo mai smettere di essere grati per la continua ricerca, la capacità di visione e l’imperitura ostinazione.
Suspiria e dintorni. Una conversazione con Luciano Tovoli
Suspiria e dintorni prosegue l’esplorazione Artdigiland nei territori dell’uso artistico della luce e del colore. Luciano Tovoli AIC ASC IMAGO è Autore della cinematografia con registi quali Vittorio De Seta, Michelangelo Antonioni, Dario Argento, Maurice Pialat, Valerio Zurlini, Francis Veber, Andrej Tarkovskij, Ettore Scola, Julie Taymor, Barbet Schroeder e molti altri, ed è creatore della federazione Europea degli Autori della Cinematografia – IMAGO. Il volume intervista ripercorre le tappe della realizzazione di un immortale capolavoro, Suspiria, dai test effettuati per la fotografia fino ai processi di stampa, facendoci rivivere un’incredibile avventura estetica. Descrive in dettaglio il making di numerose sequenze, la relazione con il regista, approfondisce le premesse culturali e i riferimenti visivi dell’opera, racconta il contesto delle battaglie per l’innovazione delle tecniche fotografiche negli anni ’70. Soprattutto, il libro rivela la passione di Luciano Tovoli per l’arte e la sua instancabile ricerca di un uso espressivo del colore nel cinema.