‘Jurassic World: Il Regno distrutto’. La recensione
Jurassic World: Il Regno distrutto presenta una netta divisione in due parti, con la prima più divertente, ironica e avventurosa (in linea coi toni e le classiche atmosfere della saga) e la seconda più dark e minacciosa. Su Netflix
Sono trascorsi molti anni da quando il parco a tema Jurassic World è andato in frantumi distrutto dai dinosauri.
Dopo l’abbandono del luogo da parte degli esseri umani le gigantesche creature preistoriche hanno continuato a vivere su Isla Nublar in totale libertà. Quando si viene a sapere che il vulcano dormiente dell’isola si è risvegliato, l’ex addestratore di velociraptor Owen Grady (Chris Pratt) e l’ex responsabile del parco Claire Dearing (Bryce Dallas Howard) decidono di tornare su Isla Nublar. L’obiettivo è quello di salvare i dinosauri da una catastrofe che li porterebbe a una nuova estinzione.
Sono passati molti anni dal primo, seminale, blockbuster a poter contare su una computer grafica capace di stupire e sbalordire gli spettatori di ogni età. SI tratta di Jurassic Park.
Il punto di partenza del cineasta del film annata 2018 è la presa d’atto di quell’incanto e quella meraviglia scaturiti dalla visione sul grande schermo. Pertanto, il regista catalano Juan Antonio Bayona decide con intelligenza di lavorare sui generi. Innerva, infatti, la saga giurassica – giunta al quinto capitolo e con un sesto già dietro l’angolo – con suggestioni e atmosfere horror, per sostituire con la paura quello stupore provato dal pubblico al cospetto del primo capitolo diretto da Spielberg nel 1993.
Scritto dal duo Derek Connolly/Colin Trevorrow, che aveva diretto il reboot del 2015 , Jurassic World: Il Regno distrutto, successo di streaming su Netflix, rasenta una netta divisione in due parti. La prima è più divertente, ironica e avventurosa (in linea coi toni e le classiche atmosfere della saga) e la seconda è più dark e minacciosa, contraddistinta da una grande tensione. L’ultima scena ambientata sull’isola è un gran pezzo di cinema che riesce a sorprendere e a commuovere.
Il cambio di ambientazione, che ha come location principale un castello gotico, riporta Bayona al genere che lo ha fatto conoscere al grande pubblico (l’horror El Orfanatogirato in Spagna nel 2007). Il regista spagnolo dà prova di essere sempre a suo agio coi toni dark, girando nella seconda parte un film dalle tinte chiaramneti horror. Bayona dimostra tutto il suo mestiere realizzando scene dominate da attese sfiancanti e da una tensione crescente.
L’uomo e il pericolo tecnologico
Come ormai da tradizione, nel filone giurassico si mette in guardia l’uomo dal progresso tecnologico incontrollato, dettato unicamente dall’avidità. Come ci ricorda Ian Malcolm (impersonato da Jeff Goldblum che torna a vestire i panni del matematico del caos a distanza di ventun anni da Il mondo perduto – Jurassic Park), l’essere umano dovrebbe sempre interrogarsi sulle delicate questioni etiche e morali strettamente legate alle scoperte scientifiche. Alla fine, l’animale più temibile non è il dinosauro ma l’uomo, pronto a ogni nefandezza e mostruosità pur di arricchirsi.
La chiusa, oltre a essere suggestiva e di grande impatto, spalanca le porte al capitolo successivo, in un ideale passaggio di testimone da un genere all’altro, dall’horror al catastrofico. Menzione d’onore per Blue, l’irresistibile velociraptor sempre più protagonista in questo secondo capitolo di Jurassic World, e per Chris Pratt, che a ogni nuova interpretazione si conferma come l’Harrison Ford del nuovo millennio.
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