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La malavita a modo mio: intervista a Matteo Olivetti, protagonista de La terra dell’abbastanza

Abbiamo incontrato Matteo Olivetti, il giovanissimo protagonista (con Andrea Carpenzano) de La terra dell’abbastanza, opera prima dei fratelli D’Innocenzo attualmente in sala (con Adler Entertainment) e con all’attivo tre nomination ai prossimi Nastri d’argento

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Matteo Olivetti, qui al suo esordio, interpreta Mirko, borgataro romano senza arte né parte che si ritrova invischiato, con l’amico Manolo, in una situazione molto più grande di lui: «Con questo film abbiamo voluto raccontare la malavita in un altro modo», spiega Olivetti, «soprattutto ai giovani», cercando così di scardinare alcune consuetudini che il cinema italiano si porta dietro da diverso tempo.

Come è avvenuto l’incontro con i fratelli D’Innocenzo?

È nato da un semplice provino. Nella stanza dove si svolgeva il casting, mi sono trovato di fronte a due persone uguali (ride, ndr) tant’è che ci ho messo un mese per distinguerli. Non mi hanno dato nessuna indicazione.

Carta bianca, insomma.

All’inizio ho rispettato il dialogo della scena che avevano scelto, durava circa due minuti. E, trascorso questo tempo, i registi, da dietro la camera, hanno cominciato a darmi delle imbeccate… Alla fine mi sono ritrovato a fare diciassette minuti di take. Mi hanno chiesto l’impossibile (ride, ndr). Sono riuscito a piangere, a ridere, ad arrabbiarmi, avrò fatto cinque o sei sfumature in quel tempo lì. È stato un momento magico, non riesco ancora a capacitarmene.

I registi, inizialmente, pensavano ad Alessandro Borghi per la parte di Mirko…

Sì, l’idea di usare Alessandro gli venne circa cinque anni fa e, conoscendolo personalmente, l’idea di aver interpretato un personaggio destinato inizialmente a lui la vivo come un punto a favore, un onore.

Oltre al fatto che La terra dell’abbastanza possiamo ritenerla la tua prima prova importante.

Con questo film stiamo un po’ cambiando le regole di un certo genere cinematografico. Oltre a interessare gli spettatori italiani perché un prodotto così crudo non se l’aspettava nessuno.

Com’è stato il rapporto con Andrea Carpenzano, l’altro protagonista?

Molto bello. Con Andrea ho passato due mesi a stretto contatto. Sul set si è creata un’atmosfera affiata molto spontanea perché ci siamo avvicinati fin dagli inizi delle riprese. È un po’ come se l’amicizia “datata” dei due personaggi si sia concretizzata nella realtà.

E invece con Milena Mancini?

L’ho conosciuta al primo provino, dove ho trovato fantastica la sua naturalezza. Poi, una volta sul set, abbiamo lavorato in sintonia perché siamo due persone che si aprono facilmente. Ma anche con Max Tortora e con tutto il resto del cast è stato così.

Quando hai capito che avresti voluto dedicarti alla recitazione?

Ho iniziato a far qualcosina da piccolo. Il mio vicino di casa lavorava in televisione e a sei anni ero il classico bambino occhi azzurri-capelli biondi, così mio padre disse: «Se l’attore di Mamma ho perso l’aereo ha avuto successo, perché non può averlo anche mio figlio?» (ride, ndr). Quindi, ha dato le mie foto a questa persona e pian piano ho avuto un riscontro positivo per alcuni progetti. Però, all’età di sedici anni mi sono trovato catapultato tra fiction, studio, calcio, sentendo il tutto come un grosso peso. Tant’è che poi cambiai totalmente vita: lasciai la scuola, la televisione e la mia famiglia trasferendomi in Inghilterra. Poi, dopo un anno e mezzo, sono tornato in Italia svolgendo qualunque tipo di lavoro, l’ultimo è stato il direttore di un disco-pub. Non essendo quello che volevo fare nella vita, un giorno, mi sono guardato allo specchio e mi sono chiesto: «Cosa mi piace fare?» e sono tornato alle origini. È stato come se avessi sentito il bisogno di fare delle esperienze di vita, per poi essere pronto ad affrontare il percorso della recitazione, affinandolo.

Un percorso analogo a quello dei fratelli D’Innocenzo…

Esatto, infatti il legame che ci unisce è stato immediato perché condividiamo esperienze molto simili tra loro.

Quali sono i tuoi modelli di riferimento?

Una volta me lo sono chiesto e mi sono risposto: «Spero di esserlo io in futuro» (ride, ndr). A parte gli scherzi, stimo molto Elio Germano, Luca Marinelli, Pierfrancesco Favino, Sergio Castellitto e Alessandro Borghi, ovviamente. Così come Cillian Murphy, Tom Hardy, Bryan Cranston, Matthew McConaughey

Che progetti affronterai prossimamente?

Preferisco scoprire le cose man mano che si va avanti. Ti posso dire che sono salito su questo treno e non voglio più scendere, farò di tutto per fermarmi a ogni stazione con un personaggio sempre diverso (ride, ndr). Comunque sto continuando a studiare, perché la versatilità puoi acquisirla solo con impegno e dedizione.

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