Giù le mani dalle nostre figlie è il primo lungometraggio di Kay Cannon, già sceneggiatrice della trilogia Pitch Perfect. Il film, presentato come una commedia adolescenziale, ruota attorno alla notte del ballo studentesco di Julie, Sam e Kayla, migliori amiche fin dai tempi della prima elementare. Le tre ragazze hanno condiviso ogni fase della crescita insieme e decidono di farlo anche con la perdita della verginità. Il momento perfetto è quello del ballo di fine anno, l’ultima volta in cui saranno insieme prima della partenza per il college. L’idea sarebbe abbastanza carina, almeno in riferimento all’amicizia che lega i personaggi, se non fosse che nel film è accompagnata da battute adolescenziali abbastanza prevedibili e alla lunga stancanti. Ma ciò che fa crollare completamente il tutto sono i tentativi dei genitori delle tre ragazze di ostacolare in ogni modo questo ‘patto del sesso’ .
Quando le tre hanno iniziato la scuola elementare, i loro genitori Lisa, Mitchell e Hunter si sono incontrati per la prima volta diventando amici. Una volta scoperto che le figlie hanno intenzione di fare sesso, perdono completamente il senno e decidono a tutti i costi di fermarle. La piega del film diventa prevedibile, i genitori iniziano un inseguimento pieno di ostacoli che alla fine li porterà a un ricongiungimento con se stessi e con le proprie ragazze.
Essendo una commedia, ci si aspetterebbe di divertirsi o di ridere, ma la sceneggiatura non regala neanche un sorriso. Gli ostacoli in cui i genitori incappano sono prevedibili, alcuni perfino sciocchi e non hanno posso neanche essere definiti comici. Gli stessi tre, Lisa, Mitchell e Hunter, sono personaggi tipici di quel cinema americano che ultimamente si definisce commedia pur non rispondendo alle caratteristiche peculiari del genere. La casalinga single, il padre geloso e quello farfallone, in attesa di riscatto, sono un trio che manca di personalità, e se la Cannon avesse lasciato più spazio alle capacità degli attori che li interpretano, Leslie Mann e Ike Barinholtz, avrebbe potuto salvare il salvabile. Mancante di spessore e di colpi di scena, Giù le mani dalle nostre figlie è un film che si fa vedere ma per cui non vale la pena pagare il prezzo del biglietto. I tempi di American Pie sono finiti e per attirare il pubblico in sala bisognerebbe escogitare nuove idee.
Simona Grisolia