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Il sospetto di Vinterberg stigmatizza la malsana ‘cultura’ della ‘caccia alle streghe’

Thomas Vinterberg realizza un’opera violenta, estrema, controversa e assolutamente non politically correct. Il tema centrale della trama è l’ingiusta accusa di violenza sessuale ai danni di un minore. Mads Mikkelsen ha vinto il premio per la miglior interpretazione maschile al Festival di Cannes del 2012

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Il sospetto (Jagten) è un film del 2012 scritto, diretto e prodotto da Thomas Vinterberg.

Il film è stato presentato il 20 maggio 2012 al Festival di Cannes, dove Mads Mikkelsen ha vinto il premio per la miglior interpretazione maschile.

Dopo il successo internazionale riscontrato con Festen, il regista Thomas Vinterberg ha ricevuto numerose sollecitazioni per approfondire il tema degli abusi da un variegato numero di persone. Tra queste, vi era anche uno psichiatra danese. Questi gli ha consegnato tutta la documentazione di alcuni casi da lui seguiti e lo ha invitato ad esplorare anche l’universo degli abusatori. Sopraffatto da altri impegni, Vinterberg si ritrova casualmente quel materiale tra le mani otto anni dopo. Stordito dal contenuto, decide di realizzare Il sospetto, destinato a suscitare ancora una volta polemiche.

Il film è disponibile, con abbonamento premium su Prime Video

Il sospetto: la trama

Dopo un difficile divorzio, il quarantenne Lucas ha una nuova fidanzata, un nuovo lavoro e sta rimettendo in sesto il complicato rapporto con il figlio adolescente Marcus. All’improvviso però le cose volgono al peggio. Una bugia comincia a diffondersi come un virus invisibile nella comunità in cui vive. Sotto shock, Lucas si ritrova accusato di pedofilia, un crimine che non ha commesso. Travolto da una sorta di isteria collettiva, deve combattere un’aspra battaglia per riappropriarsi della propria vita e della propria dignità.

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Thomas Vinterberg con Il sospetto realizza un’opera violenta, estrema, decisamente controversa e assolutamente non politically correct.

Il tema centrale della trama è l’ingiusta accusa di violenza sessuale che prende corpo da una frase occasionale di una bambina, ripresa acriticamente dalla maestra, creduta dagli altri adulti ed addirittura ripetuta per emulazione da altri bambini. Questa è una storia senza sfumature, in cui per il ruolo di vittima (Mads Mikkelsen) si costruisce un personaggio senza ombre. È un maschio di bell’aspetto, pacifico e perfettamente inserito all’interno delle regole sociali che rispetta anche quando lo pongono in condizioni di subalternità. Come gli accade nei rapporti con la sua ex-moglie o sul lavoro.

Il film per un verso esprime il giusto richiamo alla cautela nell’avvalorare le affermazioni di un bambino in età prescolare. Dall’altro, se incautamente maneggiato, si espone all’altrettanto evidente rischio di indebolire le capacità di denuncia delle piccole vittime di abusi.

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Ma la sceneggiatura decide di scartare ogni principio di mediazione. E si schiera con perentorietà, sposando una causa e assumendone la piena difesa.

Probabilmente è quasi superfluo ricordare che un tema tanto delicato non può trovare una soluzione attraverso un approccio tranchant. Ma la sintesi non era affatto nelle intenzioni dell’autore che, invece, ha voluto costruire un polo di antitesi al senso comune che egli ritiene prevalente nella società. In realtà tale estremizzazione trova una motivazione più leggibile se si coglie che il vero obiettivo si costruisce sullo sfondo della storia raccontata e guarda altrove, ovvero all’analisi del rapporto uomo-donna nelle società avanzate. I paesi del nord Europa sono senz’altro un osservatorio privilegiato in quanto, tra i primi, hanno riconosciuto il diritto all’emancipazione femminile e costituiscono un’avanguardia in tal senso.

Maschile vs femminile

Appare chiaro che Vinterberg rileva ormai una disgregazione del modello maschile, messo in scacco dall’egemonia femminile che delinea e restringe i perimetri d’azione del maschio. E contro questo “dominio” femminile scaglia con violenza il suo film. I personaggi maschili sono prevalentemente vittime. Appaiono incapaci di prendere iniziative in una relazione uomo-donna. Se divorziati sono svantaggiati nel rapporto con i figli, si dimostrano soccombenti di fronte all’assertività femminile.

Mentre quelli femminili sono tutti negativi. La moglie del protagonista (mai inquadrata) è una donna aggressiva ed egoista. È una donna a innescare il castello accusatorio contro il protagonista. Fa prevalere una lettura pregiudizievole nei confronti del collega maschio, e a questa idea aderiscono a-problematicamente tutte le colleghe. E quando cominciano a emergere le incongruenze delle accuse, sarà la madre della bambina a rimanere ciecamente ferma sulla posizione colpevolista. Provando a castrare l’atteggiamento più realista del marito che aveva, con “istinto maschile” colto la verità. Neppure la compagna dell’accusato si salverà da questo clima di pregiudizi. A questa società dominata dal genere femminile viene contrapposto, come antitesi risolutoria, un richiamo quasi animalesco a un modello maschile tradizionale, basato sulla forza, l’uso adeguato e proporzionale della violenza, l’istinto e la complicità tra uomini.

Sebbene sia fin troppo facile cogliere i limiti di una proposta così semplicistica, che suona quasi come una risposta ancestrale al richiamo della foresta, il problema sollevato non sembra velleitario e pone con decisione la questione della ridefinizione del rapporto uomo-donna alla luce della raggiunta parificazione dei diritti. La sua trattazione è troppo rude e schematica per sembrare adeguata alla complessità del tema, ma la dismissione dell’habitus buonista è un’inevitabile premessa per provare ad affrontarlo. A scanso di equivoci è bene ribadire che una tale discussione può apparire opportuna nel nord Europa, qui da noi, dove un’effettiva parità non è ancora stata raggiunta, è forse prematura, ma la tendenza è tracciata e i prodromi sono rilevabili.

Il trailer de Il sospetto

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