Cinema e Psiche

Loro 1: il godimento che distrugge il sentimento

Da potenziale padre, cioè colui che porta il senso del limite che consente alla mente di entrare nella comunità degli esseri umani, diventa il “papi”, cioè colui che non segna la differenza tra le generazioni ma che elegge il proprio godimento a principio dello spirito

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Sergio Morra, un giovane faccendiere senza scrupoli, è abitato dalla prorompente voglia di abbandonare la piccola città del sud in cui vive per inseguire sogni di ricchezza e potere. Non prova rispetto per il padre che è un imprenditore onesto che non accetta di pagare tangenti per ricevere favoritismi che aiuterebbero l’azienda di famiglia; Sergio rifiuta di identificarsi con un padre che lo invita a distinguere il bene dal male, il godimento immediato ottenuto a qualunque costo dal piacere inevitabilmente ridotto ma più profondo, frutto dell’attesa e del lavoro. Un’intensa ed euforica eccitazione lo pervade quando lo coglie l’intuizione di fare da intermediario tra donne giovani e belle disposte a vendersi e uomini potenti pronti a pagare per garantirsi un harem su cui poter esercitare una medievale mescolanza di lussuria e violenza. Rapidamente la sua intraprendenza lo porta a Roma dove fa di tutto per immergersi in un fitto e notturno sottobosco fatto di feste, cocaina sesso e compravendita di corpi umani. Qui ogni confine diventa sfumato e politici, massoni, rappresentanti dello Stato, criminali e sfruttatori galleggiano con lascivia in un viscoso liquido amniotico in grado solo di far proliferare stati psichici imbevuti di narcisismo onnipotente dove l’altro essere umano, che non appartiene a Loro, è un manichino inanimato al servizio di un mostruoso copione che punta all’accrescimento smisurato del godimento megalomane e in definitiva autoerotico, perché per accedere all’impossibile sentimento è necessaria la presenza di due esseri umani che si aprono l’uno all’altro nel rispetto di ciascuna identità, senza alimentare segrete fantasie di possesso sadico.

Un giorno a Sergio viene chiesto di fornire una ragazza per soddisfare le voglie di un personaggio inquietante e sinistro che tra gli abitanti di quel mondo sommerso oscuro e incontrollato viene indicato con l’appellativo di “dio”, perché nessuno lo ha mai visto ma tutti ne temono la presenza. La ragazza viene condotta in una strana sauna asettica e fredda dove l’aspetta “dio”,  un uomo immobile e biancastro le cui parti intime e il proprio volto sono coperti da asciugamani, nella mano destra stringe un apparecchio per distorcere la voce in modo da non essere riconosciuto. In una straordinaria sequenza densa di terrore gelido, “dio” lascia libera la ragazza di scegliere quale asciugamano poter rimuovere, facendo intendere che se dovesse scoprirgli il volto dovrebbe accettare di pagarne le conseguenze; la ragazza gli sfiora i genitali provocando un’immediata eiaculazione senza suono e senza piacere.

La proliferazione del godimento compulsivo senza limiti delle droghe e del corpo senza nome dell’altro, fuori da qualunque relazione significativa, avviene a causa della liquefazione della presenza strutturante di un genitore empatico che ama il figlio ma ne limita il narcisismo, aiutandolo a superare il godimento sfrenato, mortifero e autoreferenziale per accedere alla realtà del sentimento che implica intrinsecamente l’ascolto dell’altro, anch’esso portatore di un sentimento. Il sentimento è il garante del legame mentre il godimento compulsivo annulla i legami con l’altro e lo trascina all’interno di un campo onnipotente dove diventa oggetto di una pulsione di impossessamento. Se all’interno dello psichismo del soggetto non si installa un oggetto genitoriale interno buono, che fornisce esperienze positive per crescere, anche se a volte può dare dei limiti e delle frustrazioni per aiutare il figlio/a a far convivere la realtà con il proprio desiderio, il rischio è quello della presa di potere di una figura interna sadica, perversa, mortifera e senza vita come quella del personaggio di “dio” che inietta nella mente del soggetto la droga illusoria costituita dall’idea che un godimento sfrenato, egoistico, erogeno e incontrollabile può tenere lontano la persona dalla mancanza, dal limite, dalla fragilità, dalla frustrazione necessaria a diventare un essere umano ricco di sentimento nei confronti di altri esseri umani.

Tutti i personaggi che compongono questo turpe e nebbioso mondo rivolgono il proprio sguardo verso l’alto all’insegna di “Lui”, Silvio Berlusconi, figura che rappresenta il vertice del potere illimitato del godimento che ha sostituito un orizzonte etico fatto di valori e rapporti sinceri con il potere della promiscuità e dell’intercambiabilità degli esseri umani intesi a guisa di oggetti da collezione.  Sergio Morra fa di tutto per avvicinarsi al pilastro corrotto e fragile di questo mondo di potenti nella speranza di attrarre con le sue orgettine, l’attenzione del Grande Occhio. Berlusconi che in quel momento si trova in crisi con Veronica e costretto dalla moglie a inseguirla nel labirinto dei sentimenti e della dignità, non riesce a farsi guidare in questo viaggio dal proprio mondo interiore impoverito da anni di godimento senza relazione e di innamoramento di sé, e preferisce rivolgere lo sguardo verso il seducente universo della vanagloria e dell’illusoria eterna giovinezza. A questo punto da potenziale padre, cioè colui che porta il senso del limite che consente alla mente di uscire dal narcisismo onnipotente e di entrare nella comunità degli esseri umani, diventa il “papi” cioè colui che non segna la differenza tra le generazioni ma che elegge il proprio godimento a principio dello spirito.

Come accenna Kira, meretrice e maitresse interpretata da Kasia Smutniak, alla fine della vita c’è uno specchio che ci aspetta, nel quale ognuno potrà riconoscere il proprio volto reso consistente e unico dalla profondità dei rapporti che è riuscito a costruire, oppure potrà ritrovarvi una sfavillante maschera che nasconde l’infinita profondità del nulla senza volto e senza voce come il “dio” nascosto dagli asciugamani, che può tutto tranne amare.

Damiano Biondi

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