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Da Sophie Tatischeff a René Clement: restaurati i cortometraggi con Jacques Tati

Segnali dall’universo digitale. Rubrica a cura di Francesco Lomuscio

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All’anagrafe fu Jacques Tatischeff, ma, nato a Pecq nel 1907 e deceduto settantacinque anni più tardi a Parigi, è con il nome d’arte di Jacques Tati che si è fatto conoscere in campo artistico.

Regista, attore, mimo e sceneggiatore, si è distinto nell’ambito della Settima arte ricorrendo per lo più ad una comicità molto poco basata sui dialoghi e tanto sull’aspetto visivo, chiaramente influenzata da quella diffusasi ai tempi del muto.

Non a caso, pipa in bocca, ombrello alla mano e impermeabile e cappello indosso, il suo impassibile e stralunato personaggio di Monsieur Hulot non può fare a meno di richiamare alla memoria le figure portate sullo schermo da maestri della risata in fotogrammi del calibro di Charlie Chaplin e Buster Keaton.

Dopo averne resi disponibili su supporto dvd i lungometraggi Giorno di festa, Le vacanze del signor Hulot, Mon oncle – Mio zio, Play time e il televisivo Parade (Il circo di Tati), Ripley’s Home Video diffonde un nuovo disco digitale intitolato Jacques Tati – I cortometraggi, consentendo di continuare a riscoprire l’opera di colui che può essere tranquillamente intuito in qualità di irresistibile demolitore delle convenzioni.

Si tratta di sette short restaurati a partire dal 2013 da Les Films de Mon oncle avvalendosi del sostegno del CNC (Centre National de la Cinematographie) e del lavoro di due laboratori.

Sette short di cui, però, Tati firma soltanto L’école des facteurs (quindici minuti), che gli aprì la carriera, girato in bianco e nero nel 1946 e riguardante tre postini di un piccolo ufficio postale di campagna che, sollecitati da un nevrotico capo, ripetono ogni passaggio del rituale della consegna.

Anche se risulta co-autore di Forza Bastia (ventisette minuti) insieme alla figlia Sophie Tatischeff, in quanto quest’ultima ha montato postumo, nel 2000, il girato originale risalente al 1978, piccolo documentario commissionato al cineasta francese per immortalare la follia durante la finale di coppa Europa tra le squadre di calcio del Bastia e dell’Eindhoven.

Ed è sempre lei ad occuparsi di Degustation maison (tredici minuti), filmando nel 1976 una pasticceria frequentata da soli uomini, luogo d’incontro per soddisfare i propri peccati di gola.

Mentre il padre è interprete di tutti gli altri, a partire da On demande une brute di Charles Barrios (ventitré minuti), datato 1934 e incentrato su un aspirante attore che accetta l’ingaggio da parte di una troupe, senza immaginare di dover affrontare in un combattimento un campione di lotta.

Vestendo un anno dopo, in Gai dimanche di Jacques Berr (ventuno minuti), i panni di un curioso individuo a metà tra il barbone e il dandy coinvolto in un picnic automobilistico trasudante incidenti gastronomici, e, nel 1936, quelli di un giovane contadino che osserva l’allenamento di un pugile per poi ritrovarsi lui stesso sul ring in Soigne ton gauche di René Clement, (tredici minuti).

Utilizzando le scenografie del già citato Play time, invece, Cours du soir di Nicolas Ribowski (ventisette minuti) è un lavoro del 1967 in cui studenti di ogni età seguono assiduamente le lezioni di Monsieur Hulot, impegnato a tenere un improbabile corso serale di mimo; fino alla inaspettata conclusione metacinematografica.

Il contenuto extra Una videoanalisi di Stéphsne Goudet e Simon Wallon-Brownstone (trentuno minuti) e un booklet con trame e annotazioni relative alle condizioni del materiale filmico ritrovato completano questo prezioso oggetto da collezione, la cui fascetta riporta giustamente sul retro: “I cortometraggi di Jacques Tati si collocano nel corpus della sua opera con una misura equivalente a quelle dei lungometraggi. Come un pugile, i corti di Tati colpiscono i fianchi del lungometraggio, ma non lo indeboliscono, anzi, lo rafforzano. Nei corti emerge, prepotente, quell’humour lunare, quella comicità stralunata ed eccentrica che rende immediatamente riconoscibile il suo stile”.

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