Per gli addetti di settore non è più una novità ma, in generale, il fatto che nella nazione dei fratelli Lumière il genere più popolare ed esportato sia la commedia fa si che al suddetto debba essere data l’importanza che merita. Non è quindi un caso se, a fronte di una selezione prestigiosa come quella del Rendez Vous 2018, Festival del nuovo cinema francese, capace di annoverare autori quali Dumont, Ozon e Desplechin, riesca comunque a trovare posto una manciata di titoli che fanno dell’intrattenimento e del buon umore il loro punto di forza. Come sa bene l’appassionato italiano che ha modo di fare il paragone con quelle prodotte nel nostro paese, intendendo che ciò non implica che tali opere abdichino al compito di far riflettere sulla materia dei loro contenuti.
Come succede nel caso di Gaspard va au Mariage, il nuovo film di Antony Cordier, giunto a sette anni di distanza dal precedente e incentrato sulla difficoltà di crescere e sulla complicazione dei rapporti umani, messi a dura prova quando si tratta di verificarne la qualità con i membri della propria famiglia. Appassionato di sodalizi irregolari, quelli presenti in Gaspard va au Mariage devono fare i conti con l’eccentricità dei protagonisti, a cominciare da Gaspard che, pur di mantenere le distanze dalle proprie origini, si presenta a casa alla vigilia del matrimonio del padre accompagnato da Laura (Laetitia Dosch, appena vista ne Jeaune Femme), la sconosciuta a cui in cambio di una ricompensa in denaro ha chiesto di prestarsi al gioco, facendo finta di essere la propria ragazza. Considerato che la dimora di famiglia altro non è che lo zoo dove Gaspar è nato e cresciuto, e che ad aspettarlo oltre allo stravagante genitore c’e una sorella, Coline, da sempre innamorata di lui, si capisce sin dalle prime battute come in questo caso la normalità sia – è proprio il caso di dirlo – qualcosa al di fuori della norma.
La bravura di Cordier è quella di riuscire a raccontare il film su due diversi piani di narrazione: quello fattuale, costellato dal concatenarsi di situazioni al limite dell’inverosimile e sempre in bilico tra realtà e fantasia, e l’altro, sentimentale ed emotivo, dentro al quale è riversata non solo la scoperta dell’amore tra Gaspard e Paula ma anche la presa di coscienza da parte degli altri della necessità di voltare pagina, lasciandosi dietro una volta per tutte un doloroso passato. Detto che Cordier riesce a mettere in pratica quello che i movimenti a favore delle donne per il momento sono riusciti solo a teorizzare, stabilendo il record di full frontal maschili da cui, per un volta, è esentata la compagine femminile, bisogna rilevare che ciò di cui si sta parlando non è una semplice trovata ad effetto ma, piuttosto, il corrispettivo visivo della volontà della sceneggiatura di mettere letteralmente a nudo i protagonisti, costretti a liberarsi delle proprie maschere (materializzate dalla pelle d’orso con cui si veste e sotto la quale si nasconde Coline), per favorirne la catarsi liberatoria. Ispirato al romanzo di Claude Caillé, il creatore dello zoo di La Palmyre (il più grande in Europa), Gaspard va au Mariage riesce a essere conciliante senza venir meno alla sua voglia di diversità.