“Non è la coscienza che determina la vita ma la vita che determina la coscienza”
Karl Marx ha 26 anni, è sposato con Jenny e vive la sua gioventù in anni di fermento politico e sociale. In Germania viene fortemente repressa un’opposizione intellettuale molto attiva; in Francia gli operai del Faubourg Saint Antoine si sono messi in marcia e in Inghilterra il popolo è sceso in strada. Le avvisaglie del ’48 si stanno materializzando e con esse il giovane Marx e l’amico fraterno Friederich Engels danno vita a un movimento che ha l’obiettivo di convogliare e consapevolizzare, fino e oltre i confini europei, i lavoratori oppressi di tutto il mondo con il motto: WORKERS OF THE WORLD UNITE!
Dal 1844 al 1848 Karl vivrà l’espulsione dalla Francia, le estreme difficoltà economiche, i rapporti con Proudhon, le polemiche e la trasformazione della Lega dei Giusti. Le lettere tra Marx ed Engels accompagnano la narrazione, con l’intervento di voci liberali hegeliane come quelle di Bruno Bauer, del rivoluzionario teorico comunista tedesco Wilhelm Weitling, dell’anarchico rivoluzionario russo Bakunin, del fondatore degli Annali tedeschi Arnold Ruge. In tutto questo la figura di Jenny, la moglie di Karl, spicca nella sua più radicale straordinarietà.
Lei, baronessa Johanna Bertha Julie Freiin von Westphalen (1814-1881), chiamata familiarmente Jenny, cresciuta negli agi, se non nella ricchezza vera e propria, sorella di un ministro prussiano, bellissima e assai corteggiata nei buoni salotti, si trova a vivere, con Karl figli e governante affezionatissima, in due misere stanze. Oltre al lavoro domestico funge da fondamentale collaboratrice del marito del quale sa decifrare un’illeggibile calligrafia scrivendo anche articoli propri.
In lotta con i creditori che la assediano anche per le necessità primarie, riesce, nonostante la sua aristocratica provenienza, ad adattarsi benissimo alla situazione, sicuramente confortata dall’amore e dalla genialità del marito di cui condivide il progetto rivoluzionario contribuendone alla realizzazione.
Altra figura femminile di spicco della narrazione è Mary Burns, irlandese della classe lavoratrice, compagna di tutta la vita di Friedrich Engels, incontrato a Manchester e guidato attraverso la regione in visita nei peggiori quartieri della contea per completare le sue ricerche. Friedrich, che aveva già scritto, sotto pseudonimo, un libro sulle condizioni della classe operaia, era il primo di nove figli di un severo pietista, uno dei più importanti proprietari di filande di cotone di Barmen. Friederich e Mary rimasero insieme tutta la vita, erano politicamente contrari all’istituzione borghese del matrimonio e lei aveva scelto di non avere figli per essere libera di condurre le sue lotte politiche e sociali.
Il materialismo storico che Marx stava teorizzando si rivolgeva “alle menti che pensano davvero e agli spiriti liberi” e il film non esita a citare le sue asserzioni più famose come “fino ad oggi i filosofi hanno solo interpretato il mondo, adesso è ora di cambiarlo” e come “un uomo che non ha niente è niente”. La lotta di Marx contro le categorie astratte viene ben evidenziata dalla narrazione e per lottare contro l’idea borghese che avalla la realtà come ineliminabile occorre considerare che “le forze motrici della storia non sono di natura coscienziale e spirituale bensì di natura socio-economica”, e il gioco non è alla pari se il lavoratore diviene merce-lavoro.
A duecento anni dalla nascita di un immenso pensatore, viene finalmente raccontata, insieme ad una grande storia di amore e di amicizia, la potente passione politica e l’impegno rivoluzionario di un genio affascinante e controverso sul quale si è risvegliato un interesse inatteso sebbene auspicabile, seguito da una ravvivata popolarità. Sicuramente il susseguirsi di anomale crisi economiche, come sostiene il regista Raoul Peck, ha stimolato le più famose riviste al mondo come il Time, il Newsweek, il Financial Times e persino Der Spiegel a mettere Marx in copertina. Addirittura in un sondaggio condotto dalla BBC, il rivoluzionario comunista era al primo posto dei più grandi pensatori del secolo, seguito da Albert Einstein.
Grande merito di questo film inoltre è quello di averlo girato rispettando le tre lingue storicamente usate dai personaggi, ossia il francese, il tedesco e l’inglese; pertanto la visione in lingua originale è imprescindibile.
“La rivoluzione è giovane”, come sostiene la locandina del film e come è documentato dal Manifesto del Partito Comunista del 22 febbraio 1848, pubblicato a firma di Marx e Engels non ancora trentenni.
Ma la storia non può finire qui: vorremmo vedere come Marx arriva a individuare la formula del ciclo economico peculiare del capitalismo, il plusvalore, il tasso di profitto e soprattutto come riesce a prospettare la situazione finale del capitalismo in termini dualistico-dialettici. La previsione dell’accumulazione infinita e della competizione sfrenata sono innegabili e i punti nodali del Capitale andrebbero raccontati.
Marx era contro la democrazia borghese perché riteneva che non potesse andare oltre le scelte degli esecutori tecnicamente più capaci nell’applicare i comandi del capitale finanziario che si muove a livello transnazionale e che quindi i governi non sono altro che comitati d’affari della grande borghesia. Sostenendo questo forse aveva torto solo per difetto.
Ma tale è la continuazione della storia iniziata con questo film, che però andrebbe raccontata, per completezza, per correttezza, per rendere omaggio a chi aveva intuito, teorizzato e calcolato il vero crudele volto che il capitalismo avrebbe prima o poi mostrato.
E se questa è la seconda parte della storia, la più interessante, attendiamo ci venga raccontata, almeno prima che il secondo devastante percorso dell’alienazione capitalistica, provocato dalla gabbia digitale che ci trasforma in sabbia negli ingranaggi delle techno-corporation, ci renda definitivamente incapaci di intendere e di volere.
Ma forse è già troppo tardi.