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28 FCAAAL: Legend of The Demon Cat di Chen Kaige chiude il festival milanese come evento speciale

Legend of The Demon Cat è un film barocco nel termine peggiore del termine, dove si gioca sul riempimento dell’inquadratura, sacrificando sia la recitazione sia l’andamento della fabula, con continui flashback e flashforward, cut up, in un tourbillon che diventa un esercizio sterile, fine a se stesso, dedito a una superficiale spettacolarità che non lascia niente e appiattisce qualsiasi emozione e partecipazione dello spettatore

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Legend of The Demon Cat di Chen Kaige chiude, come evento speciale, in prima europea, il 28° Festival del Cinema Africano, Asia e dell’America Latina, un blockbuster di coproduzione cinogiapponese per la prima volta con un budget stratosferico di 170 milioni di dollari, spesi per la maggioranza in effetti speciali e scenografie ricostruite dal vero della Cina della Dinastia Tang (tra il sesto e il nono secolo dopo Cristo).

La storia di Legend of The Demon Cat mette in scena la leggenda di una storia d’amore tragica con al centro la bellissima Lady Yang moglie dell’imperatore Xuanzong, sacrificata per una rivolta delle guardie imperiali. Trent’anni dopo gli eventi, il poeta di corte Bai Letian si allea con lo sciamano giapponese Kukai, chiamato a corte per compiere un esorcismo all’imperatore attuale. Si scopre che dietro la morte dell’ultimo imperatore e di strani eventi c’è un gatto nero demoniaco che perseguita i discendenti che hanno causato la morte di Lady Yang. Bai Letian e Kukai iniziano a indagare per ricostruire la verità del passato e capire cosa si nasconda dietro le gesta del gatto, vero e proprio antagonista attivo e parlante.

Chen Kaige è famoso per aver vinto la Palma d’oro al 46 ° Festival di Cannes nel 1994 con Addio mia concubina, passando da opere storiche realistiche e intimiste a una scelta degli ultimi anni con pellicole più commerciali come il suo collega Zhang Yimou, passando anche per film di genere in lingua inglese.

Con Legend of The Demon Cat, il regista cinese affonda nelle radici delle leggende e fiabe del suo paese, scegliendo un taglio altamente spettacolare, dove la storia diventa un pretesto per una pellicola che sfoggia una grandiosità visiva e tecnologica. Intendiamoci: non c’è nulla di male in questo, poiché il cinema orientale può contare su un pubblico asiatico di centinaia di milioni di potenziali spettatori e  può ambire a un pubblico praticamente mondiale, facendo concorrenza alle omonime produzioni hollywoodiane. Sempre se queste operazioni, trattandosi di autori del calibro di Chen Kaige, salvaguardino in qualche modo il risultato stilistico.

Purtroppo, non è il caso di Legend of The Demon Cat. Chen Kaige si piega completamente alle logiche industriali e commerciali ripudiando la propria voce autoriale e riducendosi a semplice direttore di mezzi cinematografici il cui unico scopo è quello di stupire e recuperare il corposo investimento.

Kaige muove in continuazione la macchina da presa come se si fosse su una giostra, sacrificando gli attori per mostrare la scenografia che è la vera protagonista di Legend of The Demon Cat (tanto è vero che la città ricostruita è stata recuperata alla fine delle riprese e trasformata in un grande parco di divertimenti).

Il film è pieno di effetti speciali, costumi ricchi e coloratissimi, con una fotografia iperrealista e ipersatura, dove lo spettatore non ha mai un momento per tirare il fiato, con l’occhio continuamente ubriacato da immagini strapiene di oggetti, dettagli, elementi scenici, in una ipercinesi che alla fine persino diventa stancante. Legend of The Demon Cat è un film barocco nel termine peggiore del termine, dove si gioca sul riempimento dell’inquadratura e sacrificando sia la recitazione sia l’andamento della fabula, con continui flashback e flashforward, cut up, in un tourbillon che diventa un esercizio sterile, fine a se stesso, dedito a una superficiale spettacolarità che non lascia niente e appiattisce qualsiasi emozione e partecipazione dello spettatore.

Antonio Pettierre

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