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Riscoprendo relazione intima con Charlotte Rampling e L’amore coniugale con Tomas Milian

Segnali dall’universo digitale. Rubrica a cura di Francesco Lomuscio

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Prematuramente scomparso nel 2012, l’americano Zalman King è ricordato soprattutto nell’ambito dell’erotismo su celluloide, in quanto regista della bollente trilogia Orchidea selvaggia, nonché sceneggiatore del super classico 9 settimane e ½ di Adrian Lyne, di cui è stato anche produttore.

In pochi, però, ricordano la sua lunga attività di attore, che, iniziata sul piccolo schermo a metà anni Sessanta, gli ha fatto collezionare oltre quaranta apparizioni comprendenti, tra l’altro, il poco conosciuto (e altrettanto poco celebrato) Relazione intima, diretto nel 1970 da Bruce D. Clark – per il quale avrebbe poi preso parte anche al fanta-horror Il pianeta del terrore – e che in un primo momento avrebbe dovuto comprendere nel cast le note star George Segal e Peter O’Toole.

Pellicola tratta da un racconto di Romain Gary e in cui veste i panni del giovane Johnny che, campione a capo dei maestri di sci che gestiscono un centro di sport invernali, non solo è l’amante della Samantha interpretata da Charlotte Rampling, moglie di un marito perennemente lontano, ma finisce per rappresentare l’unico ostacolo agli intenti del capitalista senza scrupoli Burt Stone alias Joseph Mell, approdato nel posto per comprare la maggioranza delle azioni e trasformarlo in una banale stazione turistica.

Il Burt che, oltre a cercare di comperare il protagonista affidandogli la famigliola, lo aggira arrivando a corrompere tuti; man mano che la affascinante ambientazione innevata di Aspen fa da sfondo ad un atipico dramma dal sapore di critica sociale (al capitalismo, alla borghesia o a entrambi?), non privo di decisamente audaci azzardi (si pensi alla ragazzina che si denuda davanti a Johnny) e destinato ad approdare ad una situazione conclusiva dai toni non poco tragici.

Atipico dramma che, finito ormai da troppi anni nel dimenticatoio, viene riscoperto su supporto dvd dalle stesse Minerva pictures e Dynit cui si deve, oltretutto, il recupero per il mercato dell’home video digitale di un altro prezioso titolo datato 1970: L’amore coniugale, derivato dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia.

Del resto, alla sua prima e unica regia di un lungometraggio di finzione, è la allora moglie dello scrittore romano Dacia Maraini ad occuparsi della circa ora e mezza di visione che, ambientata a Bagheria, nei pressi di Palermo, pone al proprio centro due coniugi dediti quotidianamente alle cure di un agrumeto, unica fonte di sostentamento da quando lui si è messo a scrivere un libro.

Un lui dalle fattezze di un Tomas Milian precedente al successo poi riscosso grazie ai “trucidi” personaggi del Monnezza e del maresciallo Giraldi e che, se da un lato subisce le pressioni di alcuni attivisti di sinistra che desiderano coinvolgerlo nei loro programmi di rinnovamento della classe politica del paese, dall’altro deve vedersela con parenti che vorrebbero impadronirsi dell’agrumeto per mutarlo in area edilizia.

Mentre, considerando che la lei in questione sia la Macha Méril che, successivamente memorabile sensitiva nell’argentiano Profondo rosso, aveva già preso parte sei anni prima a Una donna sposata di Jean-Luc Godard, è facile pensare che l’operazione – soprattutto per quanto riguarda i momenti di intimità della coppia – abbia subìto l’influenza di quella discussa pellicola realizzata dal maestro della Nouvelle Vague.

E, se un certo tocco grottesco è conferito dalle sequenze in cui viene tirato in ballo un barbiere a domicilio, una volta terminati i titoli di coda non estraete il disco dal lettore, in quanto, pur non essendo riportato sul retro della fascetta, vi attende un prezioso trailer dell’epoca.

I più attenti, poi, potranno riconoscere nel film un giovane Luigi Maria Burruano.

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