Un altro debutto nel lungometraggio quello di Triago Melo che ha presentato Azougue Zarareth in concorso “Finestre sul Mondo” al 28° Festival del Cinema africano, Asia e America Latina in prima italiana.
Il giovane regista brasiliano (nato a Recife nel 1984), formatosi alla Escuela International de Cine y Television di Cuba, dopo una lunga gavetta – tra l’altro produttore esecutivo di Aquarius di Kleber Mendonça Filho – con il suo primo film racconta una storia particolare ambientata a Nazaré da Mata, piccolo centro vicino a Recife, quella dei sambador, poeti che si sfidano a colpi di versi durante il carnevale. I sambador fanno parte del Maracatu, spettacolo di danza, musica e canti, autonomi nella produzione dei numeri musicali e dei costumi colorati e sfavillanti.
Triago Melo sceglie di seguire le vicende di un gruppo di amici che partecipano al Maracatu, nelle loro vicissitudini quotidiane e del contrasto con un pastore evangelico (ex maestro della disciplina) che predica le parole della Bibbia e li identifica come espressione del diavolo da combattere e convertire alla fede.
La narrazione di Azougue Nazareth si sviluppa con un montaggio alternato seguendo i vari personaggi del gruppo: c’è la ragazza, ballerina, che tradisce il marito artigiano con un collega della squadra di poeti/musici; il figlio del pastore, che contro il volere del padre, continua la tradizione popolare entrando in palese conflitto con il genitore; il marito sposato con una donna credente che va a messa tutte le domeniche e sogna di fare l’amore con il pastore per volontà divina. Le vicende s’intrecciano con toni divertenti e grotteschi, fino ad arrivare alla gustosa scena in cui il pastore convince il marito – in una interpretazione personale ed errata di un verso della Bibbia – che lui può fare sesso con la moglie per procreare un bambino benedetto dalla volontà divina e che l’uomo deve accettarlo come gesto estremo di perdono e amore verso la donna.
In mezzo allo scontro tra fede cristiana e tradizione popolare del Maracatu, nata ai tempi della schiavitù, s’innesta una vicenda fantastica di una presenza demoniaca all’interno dei campi di canna da zucchero. C’è persino l’utilizzo di un inserto in stile mockumentary con un servizio giornalistico (con tanto di interviste ai protagonisti) sulla scomparsa di cinque uomini e sul coinvolgimento di un maestro del Voodoo che ha risvegliato e trasformato gli uomini in demoni, protagonisti della diffusione della paura nella tranquillità della comunità.
Il tema del confronto tra le due visioni della vita – quella legata alla tradizione festosa popolare del Maracatu, passionale e spensierata, e quella evangelica di soppressione degli istinti e guidata da regole ferree dettate dal testo biblico – è l’aspetto più interessante di Azougue Nazareth, ma la sua messa in scena a volte appare poco controllata da parte del regista. Inoltre, l’inserimento del tema fantastico risulta fuori registro rispetto all’evoluzione diegetica, quasi a voler rendere ancora più esplicite le radici ancestrali del Maracatu, ma invece di rafforzare la fabula la indebolisce, rendendo le sequenze, dove sono protagonisti “i demoni” del campo di canna da zucchero, incoerenti all’interno della struttura filmica.
Premiato al Festival di Rotterdam come miglior film in concorso “Bright Future”, Triago Melo dirige un film con mano incerta e acerba, non integrando i diversi registri della pellicola – tra il drammatico, comico, fantastico, grottesco, realistico – in modo organico e fluido, e Azougue Nazareth risulta così, alla fine, un’opera sostanzialmente irrisolta.
Antonio Pettierre