Esordiente è il regista Rachid Hami, autore anche della sceneggiatura insieme a Guy Laurent e Valérie Zenatti, di questo bel film del 2017, con la distribuzione di Officine Ubu. La mélodie è stato presentato fuori concorso al Festival di Venezia. Pochi gli attori professionisti, che ben si integrano col substrato della classe di scuola media che è la chiave di volta del film. I giovani interpreti, di ogni etnia, sono stati scelti con mirabile mano dalla direttrice del casting.
Kad Merad è Simon, il violinista che ha l’incarico di insegnare la musica. Una figura dimessa e quasi perdente, che accetta il duro compito di educatore solo perché non ha scritture importanti in orchestra, ma che, nel corso della storia, cambierà il suo punto di vista. Samir Guesmi è l’assistente di classe, figura non molto nota in Italia, che fa da contrappunto al professore e lo aiuta nei conflitti inevitabili con i giovani insofferenti all’autorità e ai loro stessi compagni. La sua figura rappresenta la vera immagine dell’educatore. La musica e il suo potere magico riescono ad avere ragione anche del degrado.
Un progetto analogo al tema di La mélodie è quello italiano dell’orchestra di Tor Pignattara, a Roma. Non è una scuola e non è un corso, ma soprattutto un fare insieme la musica. Tutti i ragazzi sono figli di immigrati di seconda generazione, che parlano italiano (e sono italiani a tutti gli effetti). Insieme trovano una dimensione che altrimenti gli sarebbe negata e il piacere di integrarsi con la musica e con la società.
Nella vita e nella scuola, negli adulti e nei bambini l’arte è un collante universale. La mélodie indica una strada, un esempio sommesso e discreto che genitori ed educatori potrebbero seguire nelle nostre scuole, ma anche nelle famiglie, sia nei quartieri centrali che in quelli ai margini; in favore di giovani che spesso il mondo virtuale scolla dalla realtà e che altrimenti sarebbero irrecuperabili. E non è certo una storia solo francese. Questi ragazzi, umorali e aggressivi, teneri e indimenticabili, sono uguali dappertutto. Non c’è nazione, razza o sesso che possa renderli identificabili. Qualsiasi scuola alla periferia di Roma o Milano può accogliere gli stessi personaggi, le stesse battute, lo stesso bullismo. Ma l’arte ha un potere enorme, che sia musica, come in questo caso, ma anche pittura, poesia o teatro.
In una prima scena indimenticabile conosciamo il protagonista: è fuori della scuola, sta guardando affascinato dalla finestra la lezione di violino che viene impartita ai suoi compagni. È un ragazzo come gli altri, con una storia di solitudine, con un padre che nemmeno conosce e che vive con una madre ancora molto bella e della quale è geloso. Il suo volto attonito è fuori della finestra e solo la delicatezza di Simon riesce ad aver ragione della sua timidezza.
Poco dopo è solo in cima al suo palazzo, con la compagna di un gatto; è lì che Arnold riesce a studiare, lassù in cima al mondo, lontano da tutti, in vista lontana della torre Eiffel, trova la strada per eseguire magistralmente il meraviglioso assolo della Sherazad di Rimskij-Korsakovche, che è la chiave dominante musicale del film. In quel luogo, alla fine, giungono anche i suoi amici/nemici di scuola che, senza saper bene come, già sono diventati un vero gruppo.
Al piano terra della scuola è la sala prove, che è poi un padiglione che, senza che nessuno si meravigli, a un certo punto della vicenda, viene incendiato. Non si sa chi è stato e non conta. Questa non è un’avventura o una storia poliziesca. Qui si accetta il fatto, con l’ineluttabilità che solo i poveri conoscono. Tutto è bruciato, ma questo è solo uno spunto per essere più forti. I giovani allievi e le loro famiglie, che prima non credevano nel progetto che li avrebbe portati alla Filarmonica di Parigi, e che anzi lo osteggiavano più o meno apertamente, si uniscono. Uno di loro ha a disposizione un vecchio garage, che sembra inadatto a contenere una nuova aula di musica per i giovani, ma non demordono. Le competenze dei genitori vengono messe in campo, chi fa l’elettricista e chi il costruttore, chi dipinge i muri: tutti danno una mano per creare un nuovo ambiente per i ragazzi. E lo fanno con la passione.
La mélodie, in un crescendo emotivo, mostra un volto di solidarietà piena di speranze. Un’opera pienamente riuscita, dalla regia sicura e tecnicamente ineccepibile. Anche il carattere degli allievi si modifica un po’, e i più aggressivi e violenti riescono pian piano a collaborare in vista dell’obiettivo comune. Suonare insieme alla Filarmonica e non solo. I giovani non sono attori, e il protagonista, alla fine del film, sceglierà davvero di continuare sulla strada dello studio del violino: non è già questo un risultato meraviglioso?
Consentitemi una testimonianza diretta. Anche io facevo l’insegnante di arte, ma ho lasciato la scuola quando il preside mi disse: “Lei professoressa non deve educare… deve solo dare delle nozioni”.