Il corpo di Noomi Rapace si moltiplica, prolifera, invade lo schermo. Noi non abbiamo un corpo, siamo un corpo. Un corpo che ci reclama, costituendo l’imprescindibile condizione del principio d’individuazione. Non se ne può disporre come se fosse qualcosa in nostro potere, laddove esso è la materia senza la quale non si darebbe forma e, dunque, ad esso ci si deve attenere, anzi, meglio ancora, adeguare. Le sette sorelle gemelle che si muovono nel film di Tommy Wirkola, sceneggiato da Max Botkin e Kerry Williamson, sebbene identiche, devono ogni giorno, per non essere scoperte dalle autorità – le quali in virtù della nuova legge che vieta di avere più di un figlio spediscono quelli in eccedenza nei laboratori del criosonno, nell’attesa di un futuro in cui cessi il drammatico problema della sovrappopolazione planetaria -, fingere di essere sempre la stessa persona, altrimenti verrebbero immediatamente arrestate e ‘congelate’. E proprio questo il punto: esse si sforzano di apparire uguali pur non essendolo (confronta il principio kantiano degli incongruenti).
Le coltivazioni intensive e geneticamente modificate hanno provocano un aumento imponente dei parti gemellari, per cui c’è un esubero di bambini che vengono trattati con il crudele metodo. Le Settman però, grazie all’impegno del loro nonno (un bravo Willem Dafoe), riescono a evitare questo destino, adottando lo stratagemma di uscire una per volta, ogni giorno della settimana, incarnando un’unica identità a turno. Tutto fila liscio fino ai trent’anni; successivamente una di loro scompare misteriosamente, e da lì in poi inizia una corsa contro il tempo e l’autorità, fino al finale a sorpresa. Si fa strada una certa fascinazione, mentre si scoprono le personalità delle sette sorelle e, in tal senso, è evidente che sono stati spesi molto tempo e sforzi per cercare di rendere distinta ognuna. La perfida Nicolette Cayman (una Glenn Close ancora una volta crudelissima e, dunque, assai in parte) è la rappresentate del governo che ha promosso la politica della limitazione delle nascite, ed è contro di essa che le protagoniste devono lottare per salvare Lunedì, misteriosamente scomparsa.
Wirkola avrebbe potuto sfruttare di più i vari spunti che la storia offriva, alludendo alle varie questioni evocate, invece – non è questa una critica, ma una constatazione – preferisce virare su toni più spiccatamente di genere, mettendo in scena un portentoso film d’azione, impreziosito dalla straordinaria interpretazione della protagonista, capace di scindersi, ricomporsi, non risparmiandosi dal punto di vista fisico. Colpi di scena a ripetizione scandiscono una visione che non annoia mai, calamitando l’attenzione dello spettatore e sorprendendolo con un finale non scontato.
La sceneggiatura originale di Seven Sisters era entrata nella Black List delle migliori sceneggiature non prodotte: concepita nel 2001 da Max Botkin, prevedeva sette fratelli invece che sorelle. Quando Tommy Wirkola si è unito al progetto ha deciso di traslare la storia al femminile e di contattare Noomi Rapace per il ruolo. E mai scelta fu più felice, laddove è davvero difficile pensare a una protagonista più in parte della brava attrice svedese, che dimostra di saper spaziare in ogni ruolo e genere. Se si è alla ricerca di un film con una premessa affascinante, in termini di apologo sociale e metaforico, e dalle sequenze d’azione solide, Seven Sisters è da non mancare: una buona prova di maturità per il regista norvegese Tommy Wirkola. Noomi Rapace, Willem Dafoe e Glenn Close, poi, forniscono un’ulteriore garanzia.
Bella, infine, l’edizione distribuita per l’Italia da Koch Media, in dvd e blu ray, con due dischi, il secondo dei quali ricco di tanti e interessanti contenuti speciali: Interviste, Making Of, Effetti speciali e Doppiaggio.