Nell’anno del Signore è un film del 1969, scritto e diretto da Luigi Magni e basato su un fatto realmente accaduto, l’esecuzione capitale di due carbonari nella Roma papalina. È il primo della trilogia proseguita con In nome del Papa Re (1977) e In nome del popolo sovrano (1990); film nei quali ricorre il tema del rapporto tra il popolo e l’aristocrazia romana con il potere pontificio, tra gli sconvolgimenti accaduti nel periodo risorgimentale. Il film registrò un ottimo successo al botteghino, risultando campione d’incassi assoluto in Italia nella stagione 1969-70 con un ricavato di 3.218.000.000 di lire. Detiene ad oggi il 30º posto nella classifica dei film italiani più visti di sempre con 9 901 145 spettatori paganti. Nino Manfredi vinse il David Donatello per il miglio attore protagonista. Con Nino Manfredi, Claudia Cardinale, Ugo Tognazzi, Alberto Sordi, Enrico Maria Salerno, Britt Ekland, Robert Hossein.
Il film è disponibile anche su Youtube.
Trama
Nella Roma del 1825 i carbonari tentano inutilmente di sollevare il popolo contro il governo pontificio. Tra loro c’è Montanari, condannato a morte per aver attentato alla vita di don Filippo Spada, e tra loro c’è anche Cornacchia (Nino Manfredi), ciabattino analfabeta e un po’ vigliacco. Pochi sanno però che lui in realtà è Pasquino, l’anonimo autore delle satire contro il clero e i potenti.
Il capolavoro di Luigi Magni, che ha continuato poi negli anni a cercare di ripetere l’exploit di questo film, senza peraltro mai avvicinarcisi più di tanto. La Roma papale, il popolo contro il potere, il fascino dei ribelli, dei rivoluzionari, l’ironia spietata che le vicende di quei tempi sottendono, paragonabili direttamente a quelle dei giorni nostri. Parlare in certi termini di Vaticano non era cosa da niente. Per di più, riaprire le ferite della Roma papalina, quella delle esecuzioni gratuite e spietate, dove i cardinali esercitavano un potere esorbitante, deve essere stato abbastanza interessante: di cosa era capace la commedia all’italiana, dio solo lo sa.
Il protagonista, Pasquino (quello che scriveva sulle mura giudizi alquanto beffardi su Santa Romana Chiesa), è un personaggio, per dire, privo di un’aura mitica, proprio perché legato ai codici brillanti del genere e di riflesso alla splendida interpretazione popolaresca di Nino Manfredi (ripeterà il ruolo iconico ne La notte di Pasquino e, in altre forme, in In nome del popolo sovrano sempre di Magni). Magni crea un mondo a sé, in qualche modo già annunciato dal Rugantino di Garinei e Giovannini (a cui mise mano egli stesso): la commedia storica che si sviluppa dal basso per trattare temi alti, promuovendo una beffarda denuncia sociale (il passato per parlare del presente) e in cui il ruolo della musica va al di là del semplice contributo tecnico (non a caso chiama Armando Trovajoli, che sa intercettare la voce del popolo romano, da gran compositore di musical nostrani qual era).
Dopo questo miracolo di sobrietà ed eleganza, Magni non sempre farà segno e tenderà a ripetersi (si ricordano con simpatia nel musical La Tosca e nel più drammatico In nome del Papa Re), ma gli va dato atto di aver battuto una strada personale nel panorama cinematografico italiano. Lodi a Lucia Mirisola (moglie e complice di Magni, costumista e scenografa) e al cast, dalla veemente Claudia Cardinale, con la voce di Rita Savagnone, al rigoroso Enrico Maria Salerno come sbirro di lusso, passando per il gustoso cardinale di Ugo Tognazzi e al memorabile e fulminante frate di Alberto Sordi (curioso che a dar vita ai religiosi siano due leoni della commedia).