Ci sono storie che, per quanto dolorose, meritano di essere raccontate, segreti che devono essere svelati e verità che il mondo ha bisogno di conoscere. Per capire.
Durante gli anni della guerra, il totalitarismo nazista, colpito da un’immonda follia razziale, ha compiuto orrori inimmaginabili. A 80 anni di distanza, alcuni crimini sono finalmente venuti alla luce rivelando gli osceni meccanismi del traffico artistico messo in atto da Adolf Hitler e Hermann Goering. Avvalendosi di esperti intenditori e mercanti d’arte, il Fuhrer ha letteralmente depredato l’Europa delle sue meraviglie più grandi, rapendo non soltanto le vite dei suoi abitanti, ma anche l’espressione della loro stessa cultura.
Nella Berlino del 1937 aveva organizzato due mostre ben distinte: una di Arte Germanica e una di “Arte Degenerata”. La prima mostrava sfacciatamente i grandi capolavori trafugati di artisti come Leonardo, Donatello e Raffaello, l’altra, invece, era dedicata alle opere di artisti d’avanguardia come Monet, Modigliani e Kandinskij, gli “ismi” tanto disprezzati, esposti come fenomeni da baraccone da deridere e schiacciare. Questi artisti avevano osato sfidare il totalitarismo gridando il proprio dolore e denunciando gli orrori della guerra, e per questo, erano stati trasformati in freaks. Dopotutto, l’artista è una sorta di politico che rende l’arte, il mezzo per svolgere una guerra offensiva o difensiva. Per questo Pablo Picasso realizzò un quadro come Guernica, un capolavoro in bianco e nero che raccontava gli orrori della guerra, che nasceva da essa e che ne rivelava l’essenza stessa.
L’idea di purezza della razza venne applicata anche a qualsiasi aspetto dell’arte: dividendo il bello dal brutto, Hitler intendeva così rendere la cultura germanica migliore di tutte le altre. E per questo, decise di privare l’espressione artistica della sua funzione originaria, trasformandola in bene privato, tesoro personale e oggetto di lusso sfrenato. Pur di accaparrarsi quadri e statue degli artisti classici più famosi, era disposto a mandare gli squadroni a incutere timore ai possessori ebrei e a fargli percepire l’imminenza della deportazione e la minaccia di morte certa, dopo estenuanti torture. Molte famiglie acconsentivano, così, allo scambio della loro eredità per la propria vita, altre “regalavano” le loro fortune con la speranza dell’immunità, poche altre combattevano pagando con la vita il prezzo del coraggio.
Così facendo, oltre 5.000.000 di opere d’arte sono state trafugate in tutta Europa e, ancora oggi, molte ne risultano disperse, nascoste in chissà quale rifugio segreto. Carnhall e il Louvre di Linz erano i luoghi ufficiali in cui Hitler e Goering esponevano i propri bottini ma, in realtà, possedevano miniere nascoste in cui immagazzinavano tutti gli altri tesori. Alcuni rifugi sono stati scoperti grazie all’assiduo lavoro dei Monuments Men che hanno tracciato e seguito gli spostamenti delle opere, altri – pochissimi – sono stati dichiarati dai discendenti delle famiglie tedesche, molti ancora risultano ignoti alle autorità competenti.
Un’opera superba quella firmata dal giovane Claudio Poli, che, aiutandosi con i filmati storici realizzati dall’Istituto Luce e dalla voce calda di Toni Servillo, mostra, senza mezzi termini, l’ombra e il gelo gettati dal Nazismo sulla Storia dell’arte. Hitler contro Picasso e gli altri, distribuito da Nexo Digital solo il 13 e 14 marzo, dunque, si rivela un documentario interessante e coinvolgente che riesce ad analizzare i fatti con spirito critico e sguardo oggettivo, abbandonando fronzoli e virtuosismi. Un’opera schietta e, allo stesso tempo, delicata che spinge gli spettatori a riflettere sull’importanza di ogni patrimonio storico e artistico.