Asian Film Festival: Everlasting Regret, lo sguardo della bellissima Qiyao attraversa 34 anni di storia cinese.
Attraverso il piccolo vissuto di una donna straordinaria, Kwan riesce a restituirci con elegante discrezione i fatti storici di un Paese. La Cina e la sua storia di lacerazioni, la contrapposizione tra Shanghai e Hong Kong, tra controllo comunista e dominio capitalista, sono presenze costantemente rimesse al ‘fuori campo’ della narrazione filmica.
L’Asian Film Festival sceglie l’ambizioso e stilisticamente perfetto Everlasting regret per inaugurare la ricca retrospettiva dedicata al maestro asiatico Stanley Kwan. Liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Wang Anyi del 1996, Everlasting regret è stato presentato in concorso al Festival di Venezia 2005, segnando per Kwan un momento di importanti riconoscimenti di critica e di pubblico.
Dopo aver raggiunto i circuiti internazionali con Rouge nel 1987, l’insistente e quasi ossessiva esplorazione femminile di Women del 1985, Love unto waste del 1986, Full moonin New York del 1989 e Actress del 1992, Kwan procede a un’inversione di rotta nel ’96 con l’outing confluito pubblicamente nel documentario Yang ± Yin: Gender in Chinese Cinema. L’anno successivo, con Hold you tight, il cineasta raggiunge l’apice della propria espressione poetica tradotta in forti visioni cinematografiche, ponendo al centro dell’indagine l’intima questione omosessuale dove la donna funge solo da innesco. Con Everlasting regret il regista hongkonghese consegna al pubblico un capolavoro sublime, una scrittura visiva matura e impeccabile, frutto di una poetica sottile e già abbondantemente esplorata nei precedenti lavori, purtroppo sconosciuti ai più.
Sullo sfondo di una Shanghai che dal 1947 al 1981 ha visto l’avvicendarsi di periodi ora fastosi ora faticosi si muove la bellissima Wang Qiayo (interpretata dalla eccellente diva hongkonghese Sammi Cheng), una studentessa abituata al lusso e alla mondanità di Miss Shanghai costretta, poi, a vivere in condizioni dimesse gli anni difficili dell’avvento di Mao. Il fotografo che individua la singolare bellezza di Qiayo, portandola alla ribalta, è l’unico vero amore della donna, nonché narratore della storia, l’unico eterno rimpianto di una vita costellata di abbandoni.
Attraverso il piccolo vissuto di una donna straordinaria, Kwan riesce a restituirci con elegante discrezione i fatti storici di un Paese. La Cina e la sua storia di lacerazioni, la contrapposizione tra Shanghai e Hong Kong, tra controllo comunista e dominio capitalista, sono presenze costantemente rimesse al ‘fuori campo’ della narrazione filmica e, pur non entrando mai troppo esplicitamente nello schermo, invadono prepotentemente la vita di Qiayo, finendo per condizionarne gli eventi. Martire della Storia, la donna viene ferita e abbandonata dai suoi amori sempre in fuga, mentre lei resta nella sua città, Shanghai, scenario delle repentine trasformazioni sociali in atto. Se Hong Kong è il punto d’arrivo delle persone care a Qiayo, rifugio sicuro e simbolo del futuro, Shanghai diventa il luogo del passato e della memoria, una trappola dove si consuma un dramma personale. Pubblico e privato sono strettamente interconnessi in un rapporto dove le piccole storie soccombono alla Storia, lasciata all’intuizione dello spettatore da una macchina presa troppo interessata a seguire i corpi offesi dalle percosse del tempo. Le figure che orbitano attorno alla dannata Qiayo, senza mai fondersi completamente con lei, scompaiono con garbo, liquidate da un didascalico e telegrafico epitaffio. L’unica eccezione è il fotografo, amico “di vecchia data ma non stretto”, da sempre vicino a Qiayo nell’incapacità di vivere a briglie sciolte il loro amore. Lo scrutare della macchina da presa cattura lo scorrere del tempo anche attraverso le emblematiche mutazioni di scena, efficacemente rese dalle meticolose ambientazioni di William Chang, enfatizzando le linee evolutive del commovente Everlasting regret.
Inevitabilmente paragonato all’acclamato connazionale e poeta visivo Wong Kar-Wai (autore dei raffinati In the mood for love e 2046, curati scenograficamente da William Chang), Kwan è stato ingiustamente sottovalutato o considerato ‘manierista’, benché abbia dato prova nel tempo di grandi doti immaginifiche e di rese visive prive di lacune. Everlasting regret rende omaggio al tradizionale melodramma, caricandolo di nuova luce e di atmosfere rarefatte (a tal riguardo, la fotografia di Huang Liang è impareggiabile), scavando, con inquadrature stilizzate, un solco nostalgico nello splendido viaggio attraverso il recondito regno dei sentimenti.
Francesca Vantaggiato
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