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Mad Max: Fury Road. Cosa sapere sul film di George Miller

Mad Max: Fury Road di George Miller è puro appagamento visivo di una veemenza spettacolare che tramortisce lo spettatore con una pioggia torrenziale d’immagini instabili, rigurgitate dalla cataratta del proiettore a una velocità e a un ritmo assolutamenti forsennati. Ritenuto da molti uno dei migliori film d’azione di sempre, Mad Max: Fury Road ha vinto tantissimi premi, tra cui sei Oscar

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Mad Max: Fury Road è un film del 2015 diretto, co-sceneggiato e co-prodotto da George Miller, ambientato in un futuro post apocalittico in cui benzina ed acqua sono risorse ormai rare ed esaurite. Produzione australiana-statunitense, è il quarto capitolo della serie di Mad Max, ed è interpretato da Tom Hardy, Charlize Theron, Nicholas Hoult, Hugh Keays-Byrne, Rosie Huntington-Whiteley, Riley Keough, Zoë Kravitz, Abbey Lee e Courtney Eaton. Dopo la proiezione al Festival di Cannes il film ha ricevuto applausi ed ovazioni da parte di giornalisti e critici presenti in sala. Alcuni critici lo hanno definito uno dei migliori film d’azione di sempre.

Sinossi
Mad Max è fatto prigioniero dai War Boys agli ordini di Immortan Joe, ossia del padrone assoluto della Cittadella. La possibilità di evadere per il prigioniero si presenta quando l’Imperatrice Furiosa decide di ribellarsi al despota, portando con sé le cinque consorti di Immortan Joe a bordo di un’autocisterna. Inizia così una rocambolesca caccia ai ribelli, senza nessuna esclusione di colpi.

La recensione di Taxi Drivers (Maria Cristina Caponi)

Mad Max: Fury Road di George Miller è puro appagamento visivo di una veemenza spettacolare che tramortisce lo spettatore con una pioggia torrenziale d’immagini instabili, rigurgitate dalla cataratta del proiettore a una velocità e a un ritmo assolutamente forsennati. A infondere energia al montaggio è l’operazione di punteggiatura musicale, basata sulla convergenza tra il rullio dei tamburi, musica corale e un serpeggiante contrappunto rock. In quest’accumulo di materiali acustici e d’immagini, l’ininterrotta modulazione di adrenalina per il pubblico è uno status quoimprescindibile per l’intero arco di 120 minuti che separa i titoli di testa da quelli di coda.

L’ultimogenito della serie ideata da Miller nel lontano 1979 è nato sotto il segno dell’attesa di milioni e più fans, che hanno accettato e poi approvato la metamorfosi del loro eroe dall’australiano Mel Gibson al britannico Tom Hardy. C’era bisogno di un attore versatile come lui, per non compromettere la giustificata asimmetria di ruvida grandezza e magnifica vulnerabilità che da sempre caratterizzano il personaggio del guerriero solitario post-apocalittico. Accanto alla sua storia, c’è quella di Imperatrice Furiosa, una memorabile Charlize Theron che stempera la sua bellezza in un taglio da vero maschiaccio e in una fronte ricoperta dal grasso nero dei motori. La sua decisione di scindersi da quel demonio del sommo Immortan Joe (Hugh Keays-Byrne) costituisce lo spunto iniziale della trama e segna la voglia del singolo di riavvalersi della propria individualità, oltre che del proprio essere donna. «Non siamo cose» affermano le giovani spose del decrepito tiranno: eppure, sia loro sia i War Boys al servizio di Immortan Joe sono stati ridotti alla stregua di corpi umani spersonalizzati, in quanto non più esseri di carne ma macchine adibite alla procreazione o alla guerra. Nulla di più. E, se qualcuno di questi automi viventi si danneggia, non c’è tempo né desiderio di ripararlo. Finisce semplicemente fuori scena, dimenticato nell’oblio e infine rimpiazzato.

I limitati dati sulla storia personale di Max Rockatansky e di Imperatrice Furiosa sono tante caselle (volutamente) lasciate vuote da una sceneggiatura che non vuole piegarsi ai “tempi morti” e diegetici della trama, perché preferisce dare spazio al “tempo sospeso” delle innumerevoli scene d’azione. In fondo, i vari inseguimenti che costellano la galassia desolata di Mad Max: Fury Road s’incastrano l’uno nell’altro fino a risultare un’unica grande fuga su mezzi corazzati da otto cilindri guidati, peraltro, dagli stessi attori. Beati i sognatori per i quali distogliere lo sguardo, anche solo per respirare un attimo, sarà impossibile.

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