Asian Film Festival: Nymph, l’inestricabile labirinto dei sentimenti
«Dopo il poetico dramma esistenziale di “Last life in the Universe” e il coraggioso thriller d’atmosfera “Invisible waves”, entrambi interpretati dall’attore feticcio Asano Tadanobu, Pen-Ek Ratanaruang, fervido autore tailandese, cattura il pubblico con un horror originale sull’imperscrutabile natura dei sentimenti, paragonabile nella sua complessità ai fitti rami di una foresta labirintica».
L’enigmatico prologo di Nymph, un fluttuante piano sequenza di circa otto minuti sull’aggressione di una donna e la successiva morte dei suoi aguzzini che non troverà seguito nel corso della storia, è un efficace selezionatore naturale del pubblico e un chiaro suggerimento di regia sull’oscurità e la soprannaturalità della materia trattata. Le riprese insistenti di una foresta tanto naturale quanto spirituale, la necessità di abbandonare le evidenze della ragione per inoltrarsi in un sentiero contorto e spesso inspiegabile, il cambio sapiente del punto di vista, ora riconducibile all’occhio osservatore dell’agitata macchina da presa, ora ad un ignoto soggetto in fuga, presagiscono il percorso spirituale dei protagonisti e l’incontro destabilizzante e ammaliante con la Natura.
May e Nop sono due coniugi in crisi da diverso tempo. La donna si nega ormai da mesi al marito, tradendolo con il suo capo Korn. Nop è un fotografo decisamente affascinato dalla foresta e dai misteri in essa racchiusi. Quando i due decidono di intraprendere insieme un viaggio nella foresta, Nop scompare, insinuando nello spettatore il dubbio di un rapimento. Dopo le inutili ricerche condotte, May viene riportata a casa dove stranamente ritrova il marito, profondamente cambiato. Il mistero s’infittisce ulteriormente quando May riceve la notizia del ritrovamento di un cadavere nella foresta, e comprende l’evanescenza del ritorno di Nop.
L’atmosfera suggestiva e suggestionante, la tensione emozionale tenuta in piedi dal continuo smarrimento del pensiero e corroborata da suoni elettronici incalzanti, avvolgenti e misteriosi, la presenza intangibile di un’entità superiore capace di dominare la scena nonostante la sua inconsistenza materica, innescano nello spettatore una sfida cognitiva e interpretativa avvincente, e mettono costantemente in discussione la veridicità delle immagini. La dicotomia tra apparenza e realtà raggiunge in Nymph momenti di sublime esoterismo: Nop è stato rapito o ha deliberatamente scelto di unirsi alla natura? E’ realmente tornato a casa o May ha piuttosto materializzato il suo desiderio di riconciliazione? Quali sono le distanze tra corpi che si muovono e spiriti che aleggiano?
Pen-Ek Ratanaruang, regista e sceneggiatore consacrato al pubblico da Last life in the Universe e presente a Cannes nella sezione Un Certain Regard proprio con Nymph, ci pone davanti a una storia criptica, un’allegoria delle forme e dell’essenza in cui la degenerazione della coppia e la corruzione dell’animo dei protagonisti trovano la loro panacea, instaurando una relazione empatica con la natura (magicamente antropomorfa). May, narcotizzata traditrice della sacralità coniugale, è probabilmente la più refrattaria nella coppia allo spirito salvifico della Natura: non a caso, sprofonda nel torpore del sonno ogni qualvolta si manifesta l’intervento di un’energia arcana. Invece Nop, inizialmente aggredito dallo spirito della foresta, si rivela essere la parte umana più armonicamente amalgamata con la Natura, l’unica in grado di sentirla e amarla con rispetto.
Considerato una delle personalità più vivide e stilisticamente composite del panorama contemporaneo asiatico e non solo tailandese, Pen-Ek Ratanaruang conferma, ancora una volta, una padronanza stilistica e una leggiadria negli spostamenti di genere davvero ipnotiche. Dopo il poetico dramma esistenziale di Last life in the Universe e il coraggioso thriller d’atmosfera Invisible waves, entrambi interpretati dall’attore feticcio Asano Tadanobu, il fervido autore tailandese cattura il pubblico con un horror originale sull’imperscrutabile natura dei sentimenti, paragonabile nella sua complessità ai fitti rami di una foresta labirintica.