Il mostro rasta con la faccia da granchio, dotato di armatura ipertecnologica, e particolarmente incline alla caccia, continua ad esercitare una certa suggestione sull’immaginario collettivo: Predators, che vede come protagonista il premio Oscar Adrien Brody (Il pianista di Roman Polanski, 2002), prosegue la saga iniziata nel lontano 1987, quando l’attuale governatore della California, Arnold Schwarzenegger, inanellava, uno dopo l’altro, clamorosi successi planetari, interpretando più o meno sempre lo stesso ruolo, essenziale ma efficacissimo. Erano gli anni di Ronald Reagan, quelli dell’edonismo forsennato, e gli Stati Uniti mostravano i muscoli, soprattutto al cinema.
Stavolta gli sceneggiatori, cercando di dare una spolverata ad un soggetto ormai consunto, hanno puntato sull’elemento umano, tracciando un parallelo tra la spietatezza degli alieni con vista sensibile al calore e quella di un gruppetto di individui selezionati (dagli stessi predators) per la ferocia e la comprovata abilità di combattimento in situazioni estreme. L’altro aspetto innovativo consiste nell’aver ambientato la storia in un pianeta ignoto (quello dei predators), in cui i protagonisti sono catapultati all’inizio del film, senza saperne la ragione. Tra l’altro possiamo ammirare anche nuovi alieni (‘mammiferoni’ simili a feroci felini e a rinoceronti) che rinverdiscono un poco un’iconografia statica e ripetitiva.
La messa in scena vede quindi il rivaleggiare tra gli omoni dal sangue verdastro fosforescente e quelli che, nel pianeta terra, sono considerati a loro volta dei sanguinari predatori. Il gioco narrativo è tutto qui, ed ecco che i Predators appaiono più come una proiezione psichica degli uomini coinvolti nell’atroce caccia (stavolta nel ruolo di prede), che figure dotate di una realtà autonoma. Insomma si tratta di cercare dentro di sé la violenza che spesso si riscontra all’esterno, per elaborarla e, eventualmente, espellerla.
Il prodotto, confezionato con ordinaria accuratezza, non ha la pretesa di essere consumato da un pubblico che non sia quello degli adolescenti, o dei patiti del genere.
Pensando ad un futuro episodio, potrebbe risultare divertente escogitare una sceneggiatura dove tutti i potenti della terra siano spediti sul pianeta alieno; si potrebbe lasciarli soggiornare il tempo necessario per rinsavire. Una volta tornati sulla terra, invece che accoglierli, si dovrebbe inviarli di nuovo, e ripetere la procedura fino a quando non abbiamo deciso di firmare, tutti insieme, il protocollo di Kyoto. Divertente, no?
Luca Biscontini
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