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Apre domani a Milano Il Cinemino, un nuovo spazio di visione, condivisione e socialità

Apre a Milano Il cinemino, una sala che vuole radicarsi nel territorio, ma con uno sguardo internazionale

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Milano. Porta Romana. Zona a metà tra il centro e la periferia, tradizione e innovazione. Qui, in via Seneca al numero 6, sabato 10 febbraio, aprirà al pubblico Il Cinemino, un nuovo spazio cinematografico di condivisione: un diminutivo che non vuole ridurre, ma comunicare fin da subito l’idea dell’ambiente familiare a cui i nove soci organizzatori tengono molto e a cui si sono ispirati per la concezione di tutta l’iniziativa.

Un cinema che vuole radicarsi nel quartiere (non ci sono sale nelle vicinanze) ma guardare anche oltre, coniugando la sua funzione locale con il massimo dell’internazionalità. La sala di quartiere che parla internazionale è proprio lo slogan de Il Cinemino. Non a caso la prima proiezione sarà il documentario di Sandrine Bonnaire dedicato a Marianne Faithfull, e a breve verrà dedicata una rassegna al cinema francese. Dall’Irlanda arriva il documentario della settimana prossima Grace Jones: Bloodlight and Bami, mentre il film biografico su Nelson Mandela è una produzione africana e dei Paesi Bassi. In conferenza stampa ci è stato promesso che ci saranno più versioni originali possibili e noi ci contiamo. Ma già la seconda settimana saranno presenti in sala giovani autori italiani, perché il nostro cinema va sostenuto, come Germano Maccioni (Gli asteroidi), Andrea De Sica (I figli della notte), Fabio Martina (L’assoluto presente).

Visioni per bambini tutti i pomeriggi, i CineMINI. Rassegne, festival, eventi gratuiti, ospiti in sala, giornate a tema, come quella del 14 febbraio dal titolo Cinema mon amour: l’amore per il cinema testimoniato da film, corti e documentari che hanno come protagoniste le sale cinematografiche nel mondo. E persino le proiezioni Cinefile Cinofile con l’ingresso consentito ai cani! Insomma, le hanno pensate proprio tutte i padri e le madri de Il Cinemino, animati da un’energia invidiabile, dall’impegno e dalla passione; gli si può solo augurare che la loro creatura abbia successo, mantenendo lo spirito con cui è stata concepita, progettata e realizzata nel tempo.

Di tempo ce n’è voluto: dieci mesi per trovare lo spazio giusto; e il grande impegnato per la raccolta fondi, che, oltre alle risorse personali, si è avvalsa di una campagna crowdfunding. Avrebbe dovuto scadere il 31 gennaio, ma è stata prorogata fino al 18 di questo mese. Molto carina l’idea di poter dedicare una delle settantacinque poltrone a qualcuno, per sempre. E così una porta il nome di Claudio Caligari (grazie a Valerio Mastandrea), un’altra quella del fotografo milanese, ma di fama mondiale, Gabriele Basilico (dedicata dalla moglie), un’altra ancora il nome del professor Sandro Roventi (da parte degli studenti del Cineforum Università Bocconi). Certo, per questo, l’impegno economico è più consistente, ma sono previste quote alla portata di tutti, che lasciano la soddisfazione dell’appartenenza, della partecipazione a un progetto comune e, nelle grandi città come Milano, ce n’è davvero bisogno!

C’è sempre più necessità di luoghi di cultura e di accoglienza. Il bar al piano di sopra della sala, una simpatica location dove darsi appuntamento per un film, ma non solo, è aperto dalle due del pomeriggio fino a mezzanotte e mezza. Detto alla milanese, prima o dopo esserci fatti un cinemino.

In occasione della conferenza stampa è stata offerta la visione del cortometraggio L’uomo proibito di Tiziano Russo, interpretato da Maximillian Dirr e Chiara Martegiani, anteprima dell’anteprima, ancora caldo di montaggio, dice il regista in sala. Diciannove minuti, intensi, che ci parlano di isolamento e confini impossibili da infrangere, privazioni di contatti, nella quotidianità di un uomo: l’uomo è proibito perché reso radioattivo da un viaggio nello spazio e ora è inaccessibile alle persone a lui più care. Moglie e figlia possono stargli vicine solo protette da uno scafandro, o parlargli e toccarlo attraverso un vetro che li separa. In meno di venti minuti la metafora della condizione umana e sociale di un futuro non tanto lontano.

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