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Mulholland Drive e Velluto blu: i due capolavori di David Lynch

Il grande regista, sceneggiatore e produttore cinematografico statunitense stasera viene celebrato su Iris con la messa in onda di due pellicole assai significative: Mulholland Drive, che ricevette il Prix de la mise en scène al Festival di Cannes, e Velluto blu che, oltre ad aver ricevuto molti premi e consensi, introdusse diversi elementi poi diventati frequenti nella filmografia del regista.

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Il regista, sceneggiatore e produttore cinematografico statunitense, David Lynch, è noto per l’innovativo stile narrativo e visivo. I suoi film sono riconoscibili al pubblico internazionale per la forte componente surrealista, le sequenze angoscianti e oniriche, le immagini crude e strane e il sonoro estremamente suggestivo. Oggi ripercorriamo due suoi capolavori: Velluto blu (1986) che, oltre ad aver ricevuto molti premi e consensi, introdusse diversi elementi poi diventati frequenti nella filmografia del regista e Mulholland Drive (2001), che ricevette il Prix de la mise en scène al Festival di Cannes nel 2001.

Velluto Blu

 Il titolo originale del film è tratto dalla canzone omonima di Bobby Vinton, cantata nel film da Isabella Rossellini in un locale notturno, lo Slow Club. Il film narra la storia di Jeffrey Beaumont, un giovane studente che, indagando personalmente su un macabro ritrovamento, scopre che nella sua cittadina esiste un ignobile mondo sotterraneo fatto di violenza, sesso, traffico di droghe e polizia corrotta.

Il giovane Jeffrey denuncia alla polizia di aver trovato un orecchio nel prato vicino a casa. Insieme a Sandy, la figlia del tenente per la quale ha preso una cotta, si immischia un po’ troppo di faccende che non lo riguardano. Finisce per trovarsi nel letto di Dorothy, cantante di night ricattata dal perfido Frank, e poi viene preso in ostaggio dagli scagnozzi del gangster. Lynch lavora con intelligenza sugli stereotipi del genere per sovvertirli dall’interno. Il tutto all’insegna della sgradevolezza premeditata e di una narrazione che scivola progressivamente verso l’incubo. Il risultato è una visione sulla perdita dell’innocenza, in cui bene e male non si distinguono.

Velluto blu introdusse diversi elementi poi diventati frequenti nella filmografia di Lynch, come la presenza di donne vittime di abusi, l’aspetto torbido delle piccole città e l’utilizzo non convenzionale di canzoni d’epoca (Blue Velvet di Bobby Vinton e In Dreams di Roy Orbison sono eseguite in modo ossessivo in scene molto forti). Le tende rosse fanno da sfondo in scene chiave, e diventeranno un marchio di fabbrica del regista. Velluto blu segna l’inizio della collaborazione di Lynch col compositore Angelo Badalamenti, che contribuirà in molti dei suoi lungometraggi.

Le origini di Velluto Blu risiedono probabilmente nell’infanzia di Lynch, quando passava molto tempo nei boschi di Spokane, una zona del nord-ovest statunitense simile a quella del film. Per Lynch c’era un “livello autobiografico molto preciso nel film“.

«Kyle è vestito come me. Mio padre era un ricercatore del Dipartimento di Agricoltura di Washington. Eravamo sempre tra i boschi. Ne avevo in qualche modo abbastanza degli alberi in quel periodo, ma ancora oggi, il legname e i boscaioli per me sono l’America così come la staccionata e le rose della scena di apertura del film. È così radicata, questa immagine, e mi fa sentire molto felice». Se i ricordi d’infanzia di Lynch ispirarono l’ambientazione di Velluto blu, l’effettiva storia del film fu originata da tre idee che si cristallizzarono nella mente del regista a partire dal 1973, anche se all’inizio egli aveva “solo una sensazione e un titolo”

Mulholland Drive

A Hollywood Rita perde la memoria in seguito ad un incidente avvenuto sulla Mulholland Drive. La donna incontra Betty Elms, un’attrice australiana che è appena sbarcata a Los Angeles. Grazie al suo aiuto Rita tenta di ritrovare la memoria e la sua identità. Un uomo è perseguitato da un’immagine mostruosa. Un regista minacciato dalla mafia è costretto a scegliere una sconosciuta per il suo film.

Di Mulholland Drive si capisce poco o nulla. David Lynch ribadisce l’assunto del suo film più sperimentale (Fuoco cammina con me) e di quello secondo lui più irrisolto, (Strade perdute). Il cinema è la scrittura del sogno. Una finestra che si apre su un mondo dove non è la logica a regolare i rapporti di causa-effetto ma il delirio. Solo attraverso l’intima conoscenza dell’Ordine è possibile descrivere alla perfezione il Caos. La mappa per muoversi nel delirio la dà proprio il regista, con il suo cinema precedente (personaggi che parlano al rovescio) e attuale (una chiave di lettura… blu). Provate a percorrere al contrario la Mulholland Drive, a viverla come la storia d’amore tra l’attricetta acqua e sapone Diane e la vamp Camilla, e magari fantasticate sulla sospensione di realtà che il tema dell’amnesia deliziosamente introduce. Abbandono, deriva: con un genio come Lynch bisogna saper accettare il surrealismo e la disillusione di realtà come sole, vere, essenze del cinema.

 

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