L’ultimo viaggio è un road movie peculiare dove, via via che ci s’inoltra in quella terra incognita che è, per un occidentale, l’Europa slava, l’interesse del regista, e quindi l’asse narrativo, si sposta dall’enquête dell’attempato protagonista al futuro della giovane Adele, che cresce in un continente solo in apparenza pacificato e in realtà scosso da violenze e rivoluzioni come quelle che il film sceglie di rappresentare, ambientando la vicenda proprio in quell’anno. L’ingresso in scena come viaggiatore sul medesimo treno di Lev, immigrato ucraino di ritorno in patria dopo aver lavorato in Germania, arricchisce l’opera di molteplici prospettive e chiavi di lettura: da quella che consente di leggerla come l’elogio di un senile e appassionato amour fou, se adottiamo il punto di vista di Eduard; a una seconda possibile che mostra, attraverso un’analessi del racconto principale, la figlia del protagonista, Uli, lamentarsi della sua mancanza di controllo sulla sua famiglia in quanto impegnata a gestire il suo ristorante in Germania; ad un’altra ancora che sottolinea la distanza e l’incomunicabilità fra le generazioni, rappresentate qui dal vecchio Eduard, dalla figlia di mezz’età Uli e dalla più giovane Adele, che segue di malavoglia il bisnonno solo perché non riesce a farlo scendere in tempo dal treno diretto a Kiev; a quella, infine, introdotta appunto dal personaggio di Lev che pone al centro il tema dell’immigrazione, qui dai paesi slavi a quelli della più prospera Europa occidentale.
L’ultimo viaggio di Nick Baker-Monteysm vuol anche proporre un’amara riflessione sul conflitto che tormenta la propaggine orientale del continente, poiché la guerra combattuta negli anni quaranta del secolo scorso da Eduard come ufficiale tedesco nelle pianure ucraine si rispecchia in quella drammaticamente attuale che si consuma fra l’esercito ucraino e i paramilitari filorussi nel 2014, anno non solo d’ambientazione dell’opera, ma in cui si sono svolte le riprese, avvenute dunque in una zona bellica. Dove l’opera si rivela più convincente è nelle soste che inframezzano il viaggio dei protagonisti, come quelle presso la dimora di Lev ed il villaggio di Svetlana, dove cinquant’anni prima Eduard la conobbe e se ne innamorò. A emergere è qui un non comune senso del paesaggio, che valorizza le sconfinate distese pianeggianti ucraine, dove lo sguardo si smarrisce per l’uniformità di un territorio tanto vasto e monotono da non offrire punti d’appoggio e segni tangibili di riconoscimento; si tratta, dunque, del racconto di un viaggio sui generis, dove le soste e le pause, quelle fisiche e concrete, contano quasi più del movimento stesso e la memoria è libera di muoversi à rebours verso un passato che non può né vuol essere scordato.
Una particolare pregnanza ed efficacia sono inoltre garantite dai dialoghi in russo privi di sottotitoli, che generano una tensione dettata dalla mancata comprensione di quanto Eduard Adele si dicono; Lev funge da mediatore fra i locali e i protagonisti di lingua tedesca, stranieri in terra straniera e bisognosi, quindi, di una traduzione che consenta loro d’intendersi con le popolazioni russofone. Nei panni del nonagenario Eduard, qui invecchiato ad arte, si trova il veterano di(memorabile interprete del capo della polizia sudafricana in Un’arida stagione bianca, a ulteriore ed ennesima conferma che spesso i villain sono più incisivi e senz’altro più interessanti dei personaggi positivi), dai lineamenti duri e spigolosi che conferiscono al personaggio la severità e l’ostinazione al limite dell’autolesionismo richieste dal ruolo.
Infine, pur nella diversità di tono, qui drammatico là di commedia, si può confrontare L’ultimo viaggio col coevo Easy- Un viaggio facile facile di Andrea Magnani: anch’esso un road movie ambientato in Ucraina, con un protagonista tutt’altro che convenzionale e prevedibile. Una scelta, quella di questi due film, di rappresentare senza folclore e superficialità luoghi così poco frequentati dal cinema europeo occidentale come i paesi slavi, così vicini eppur ancora sentiti lontani e diversi, che meriterebbe di venir seguita e approfondita con maggior costanza e convinzione.