Un amabile signore britannico è immerso nella paciosa tranquillità di uno sguardo perso dentro la vetrina di un pet shop. Il suo sorriso smagliante si apre diretto al curioso uccello in una delle gabbie mentre il vociare di un gruppo di bambini di fronte la seconda vetrina dell’esercizio lo distrae. Ora attira la sua attenzione un pesciolino dal nero intenso intrappolato tra un gruppo di alghe in plastica e il vetro di un acquario. La calma apparente spezzata deborda in una nemesi furente “punitrice di quanto, eccedendo la giusta misura, turba l’ordine dell’universo” (vocabolario on line Treccani).
Il cortometraggio di Tommaso Pitta datato 2013, presentato dalla National Film and Television School di Londra, primo classificato nella sezione Cinema di MarteLive 2017, è liberamente ispirato al racconto breve Tutto il dolore del mondo di Michele Mari pubblicato per Bompiani (1993) e Einaudi (2004) all’interno della raccolta Euridice aveva un cane (dello stesso autore). Pitta come Mari riesce a permeare a fondo e in modo straziante nella natura dell’uomo. Colui il quale cova malesseri esistenziali – qui legati alla solitudine dell’età adulta – esplode improvvisamente in una risposta “aliena” di fronte l’ingiustizia dell’altro, quell’atteggiamento “di massa” condito da menefreghismo, noncuranza, opportunismo, falsità.
Con semplicità, humor e una sconfinata malinconia All the pain in the world svela la duplice natura (singolo-gruppo) dell’altro dall’umano. L’altro come singolo si crogiola nel suo colabrodo di menefreghismo, l’altro in assetto di ‘coppia’, come coalizione bestiale, desidera schiacciare inesorabilmente un terzo pur di affermare il dominio nel “proprio territorio”. Ed è proprio in quella fenditura tra Sé e l’altro che l’umano, a rischio di diventare mostruosità, sembra trovare la propria ragione d’essere contro tutto e tutti quando tutto e tutti assumono le dimensioni di un’abnorme mostruosità. Trova il balsamo per lenire la condizione nella quale si dimena, la “trappola” che lo accomuna al pesce catalizzatore di tutto il dolore del mondo. Ripristina l’ordine delle cose chiamando a raccolta tutte le armi del caso compreso il “sacrificio” finale e quella disobbedienza “civile” alla legge non scritta di chi, collocandosi allo stato brado, si reputa brutalmente il più “forte”.