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Doppio spettacolo di paura con The devil’s candy e Jukai – La foresta dei suicidi

Segnali dall’universo digitale. Rubrica a cura di Francesco Lomuscio

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Quale horror fan non ricorda The loved ones, tanto sanguinolenta quanto disturbante vendetta attuata da una studentessa nei confronti di colui che doveva accompagnarla al ballo di fine anno scolastico?

Risalente al 2009, fu il primo film diretto dall’australiano Sean Byrne, il quale è poi tornato dietro la macchina da presa per occuparsi di The devil’s candy, datato 2015 ma approdato nelle sale cinematografiche italiane soltanto nel Settembre di due anni più tardi.

Una seconda prova che, a differenza della precedente, fa a meno di esagerazioni splatter per concentrarsi sulla lenta evoluzione della vicenda del Jesse interpretato da Ethan Embry, pittore tormentato da conflitti interiori e che va a vivere insieme a moglie e figlia nell’abitazione dei loro sogni, scesa di prezzo a seguito dell’oscuro passato che la avvolge.

Perché, incarnato da Pruitt Taylor Vince, è il disturbato Ray figlio dei vecchi proprietari della dimora a fare ritorno per complicare una situazione che, con il protagonista che inizia a sussurrare la voce del diavolo dal momento in cui i suoi quadri sembrano assumere un aspetto demoniaco, arriva a suggerire che entrambi i soggetti siano posseduti dalle stesse forze oscure.

FrancescoLomuscio_Taxidrivers_The devil's candy_Byrne

Infatti, tra famiglia sacrificata alla carriera e bambini a Satana, sono raccapriccianti disegni, la tematica del serial killer e metallo pesante in note (con Sun O))) e Metallica nel mucchio) ad essere miscelati nel corso di un insieme che, al di là delle premesse, sembra mantenersi dalle parti del thriller a sfondo psicologico, anziché addentrarsi nel cinema dell’orrore vero e proprio.

Un insieme che, nell’amalgamare le tre diverse argomentazioni, vanta una regia in grado di conferirgli – soprattutto nella sequenza finale ambientata all’interno della casa – lo sporco e affascinante look di una produzione di genere a stelle e strisce a basso costo risalente agli anni Settanta.

Con il trailer nella sezione riservata ai contenuti speciali, Koch Media lo rende disponibile nella sua collana Midnight Factory in una limited edition blu-ray racchiusa in custodia amaray inserita in slipcase cartonato, oltretutto comprendente un interessante booklet nella confezione.

Trattamento che riserva anche all’edizione in alta definizione di Jukai – La foresta dei suicidi, che, primo lungometraggio diretto da Jason Zada, vanta in qualità di produttore esecutivo la presenza del Lawrence Bender finanziatore buona parte della filmografia di Quentin Tarantino.

FrancescoLomuscio_Taxidrivers_Jukai-La foresta dei suicidi_Zada

Lungometraggio il cui titolo fa riferimento a quella che, chiamata anche Aokigahara, si erge maestosa ai piedi del Monte Fuji in Giappone e vede immergersi tra i suoi alberi l’americana Sara Price, ovvero la Natalie Dormer della serie televisiva Il trono di spade, dal momento in cui la sorella gemella Jess vi è scomparsa lasciando una scia di misteri.

Un’avventura che intraprende affiancata dalla guida forestale Michi alias Yukiyoshi Ozawa e dal giornalista espatriato Aiden, dalle fattezze di Taylor Kinney; man mano che apprende non solo che nella boscaglia in questione ciò che le persone vedono di brutto o strano è soltanto nella loro testa e non reale, ma anche che nel posto gli spiriti tornano spesso arrabbiati perché non trovano pace.

Confermando, tra volume del sonoro che aumenta all’improvviso in modo che lo spettatore balzi dalla poltrona e immancabili apparizioni spettrali, che sia il cosiddetto J-Horror (il cinema di paura orientale d’inizio XXI secolo, da Ringu di Hideo Nakata a Ju-on di Takashi Shimizu) a rappresentare la principale fonte d’ispirazione della oltre ora e mezza di visione, destinata ad evolversi lentamente al fine di infittire fotogramma dopo fotogramma l’intrigo.

Fino ad un primo colpo di scena non appena è superata la metà di un’operazione efficace nell’inscenare la vegetazione infestata in maniera avvolgente di presenze e caratterizzata da una buona confezione tecnica.

Il trailer, un dietro le quinte della durata di quattro minuti e interviste al regista, alla Dormer, a Kinney, a Eoin Macken (anch’egli tra gli attori) e al produttore David S. Goyer occupano la sezione extra del disco.

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