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Non c’è bisogno di presentazioni: David Letterman intervista Barack Obama nel suo nuovo talk show su Netflix

Tre anni dal suo addio al Late Show, il programma della CBS che dal 1980 ha accompagnato milioni di americani fino ad arrivare nelle nostre reti, David Letterman è sbarcato nel catalogo Netflix.

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Non c’è bisogno di presentazioni. Lo conosciamo tutti, lo abbiamo amato durante le puntate andate in onda in tarda serata su Rai 5, fino all’ultima, commovente, serata che ha ripercorso la sua incredibile carriera. Tre anni dal suo addio al Late Show, il programma della CBS che dal 1980 ha accompagnato milioni di americani fino ad arrivare nelle nostre reti, David Letterman è sbarcato nel catalogo Netflix, con la gioia dei nostalgici della sua voce (e, per chi scrive, della sua contagiosa risata).

Gli orfani sono già da subito accontentati da una sequenza che rimanda alla sua storica trasmissione, ora passato nelle mani del presentatore Stephen Colbert. Seduto dietro lo storico tavolo con appoggiato la tazza marchiata con il logo dello show, in parte a lui c’è un ospite particolare,. Ora molte cose sono mutate. The Apprentice non è più in onda, trasferendo la sede dalla NBC a Washington DC assieme al suo conduttore, che in questo momento sta gestendo un’azienda piuttosto redditizia, ma che gli sta un po’ stretta. Inoltre, David Letterman sembra cambiato: barba folta, che dà la sensazione di essere un vecchio saggio, capace di trasmettere consigli utili alle giovani generazioni. Ma non ha perso la sua schiettezza e la franchezza di un tempo, come si nota nella prima parte dello spettacolo, molto simile ai monologhi del Late Show.

David Letterman

Non c’è bisogno di presentazioni è tuttavia diverso come format. Dimenticatevi la Paul Shaffer orchestra che accompagnava le ore e le comparsate degli innumerevoli ospiti andati nel salotto più famoso della televisione. Se quella prima parte può trarre in inganno lo spettatore, aspettandosi un ritorno al classico talk show televisivo, è l’intervista a offrire degli spunti di riflessione che molto spesso erano marginali in trasmissioni che mettono insieme informazione e intrattenimento, e che devono, purtroppo, fare i conti con l’audience per permettere a programmi come questi di continuare il suo corso. Qui i tempi sono diversi, così come l’approccio. Più che un’intervista, l’impressione è essere dinanzi a un resoconto di quanto è successo negli anni, approfittando di uno dei personaggi che più ha contribuito a queste trasformazioni.

David Letterman

Barack Obama non è altro che un esito, una conseguenza di un processo che David Letterman mette in risalto grazie alla voce di uno dei protagonisti dei diritti civili che gli afroamericani si sono conquistati con fatica: John Lewis. In compagnia dell’attivista, il conduttore ha percorso il celebre Edmund Pettus Bridge che porta a Selma, la città che fu protagonista di un massacro politico senza precedenti, con la gente picchiata a sangue dalla polizia per aver percorso civilmente una strada per rivendicare il loro diritto al voto. Letterman non cita (se non in una sola occasione) il Presidente vigente, ma le immagini, le parole, le sensazioni sono una forte critica a certe dichiarazioni e a certe politiche contrarie al rispetto verso il diverso, come se quella condizione di inferiorità sia dovuta alla loro incapacità di poter spiccare individualmente ed economicamente sull’altro. Parlare di questi argomenti così complessi come in questo preciso momento storio è rischioso, ma David Letterman ci è riuscito mostrando sia il lato pubblico di Obama, per il quale nutre una profonda stima per quello che ha rappresentato e che rappresenta ancora oggi, che quello privato, presentando il lato delicato e umano del suo interlocutore, dal rapporto con la moglie a quello con i suoi figli nei momenti nevralgici della loro vita.