Quando il gioco si fa duro, registi come lo sloveno Matjaž Ivanišin cominciano a giocare. Ed il documentarista originario di Maribor è indubbiamente uno che sa stare al gioco, in tutti i sensi, come dimostra anche l’atteggiamento sornione e autoironico esibito in una delle scene più buffe cui abbiamo assistito di recente: quella in cui l’autore si dichiara perplesso su come proseguire il film e si lascia riprendere, al termine della fulminea carrellata lungo il bancone di un bar, seduto lì con lo sguardo perso e un boccale di birra davanti!
La compiaciuta goliardia di tale cesura dovrebbe far già intuire alcune cose. Su tutte la bizzarria di un progetto cinematografico che, tra tutti quelli selezionati per il 29° Trieste Film Festival, rappresenta senza’altro la carta impazzita, il jolly, il più originale e fuori dagli schemi.
Del resto all’origine del titolo, Playing Men, vi è pure un particolare ragionamento linguistico: tanto il termine inglese play che il suo equivalente sloveno non vogliono dire soltanto “giocare”, ma possono essere utilizzati per altre espressioni in cui si fa riferismento al suonare uno strumento o al recitare un ruolo, per esempio. La dimensione potenzialmente così vasta dell’elemento performativo è quindi la traccia che il regista ha seguito, rapsodicamente, per mostrare al pubblico una serie di segmenti cinematografici, tra loro autonomi, in cui vari personaggi maschili vengono mostrati alle prese con gare, stralunate prove fisiche e qualsiasi altra cosa stuzzichi in loro la competizione e la volontà di mettersi in mostra. Estremamente diversi sono i contesti esplorati. Si va da una curiosa forma di lotta praticata in Turchia, coi corpi dei contendenti interamente cosparsi di olio, all’aneddoto cinematografico in assoluto più gustoso, ed eccentrico: quello riguardante un paesino, in Sicilia, dove ha preso piede nel tempo l’oltremodo bizzarra tradizione di prendere alcune forme di un locale formaggio, per poi farle rotolare giù e rimbalzare come schegge impazzite, lungo le stradine in discesa del borgo. Col rischio di causare anche qualche incidente! Ma nel caso nessuno sporgerebbe denuncia. Non per niente laggiù circola l’aneddoto relativo a un pensionato che, messo letteralmente il naso fuori di casa, se lo è visto tranciare da una forma di formaggio galoppante di fronte a lui a folle velocità, ma invece di accusare pubblicamente gli autori della “bravata”, si è accontentato di farselo riattaccare in ospedale.
C’è insomma del talento in questa piccola follia cinematografica, concepita nelle vesti di documentario atipico, irriverente e per nulla convenzionale. A forza di voli pindarici si arriva così al racconto, reso in forme quanto mai stranianti, della storica vittoria a Wimbledon del tennista croato Goram Ivanisevic, accolto poi al suo rientro in patria come una specie di eroe nazionale. Ed è questa l’ultima chicca di un film che non cessa mai di stupire.