Il corpo malconcio del caporale John McBurney (Colin Farrell) si insinua negli spazi blindati di un internato per ragazze di buona famiglia; sullo sfondo la Guerra di Secessione Americana ormai agli sgoccioli (fine ‘800). Dunque, si potrebbe immediatamente stigmatizzare l’intrusione del ‘soldato blu’ come l’irruzione di un oggetto giunto dall’esterno, una sorta di ‘ritorno del rimosso’o, peggio ancora, quale apparizione improvvisa e terrificante di un residuo che ha resistito al consueto processo di simbolizzazione (la lamella, il godimento acefalo?). No, niente di tutto ciò: in realtà si tratta della mutazione di sguardo di alcune donne, da troppo tempo vittime di un pericoloso isolamento, le quali si trovano davanti a un evento che occasiona la messa in scena di un desiderio tenacemente trattenuto. Le mani della direttrice Martha Farnsworth (Nicole Kidman) tremano sulla pelle di Mcburney (un Colin Farrell sufficientemente in parte), mentre la detergono per portare sollievo a chi da troppo tempo ha patito le mostruosità della guerra. Tutte le donne della casa sono attratte dall’uomo, anche quelle più piccole.
Sofia Coppola mostra magnificamente la civetteria femminile, quell’insopprimibile voglia di sedurre, che, a ben guardare, non punta davvero all’effettiva conquista quanto a dare espressione a una sorta di potenza attrattiva capace di far capitolare chiunque. Quindi, non desiderio, a rigore, piuttosto affermazione di sé, anche e soprattutto sulle altre: ciò cui assistiamo è, dunque, per lo più una guerra interna per riformulare una gerarchia avvertita come stantia e bisognosa di una decisa riformulazione. La direttrice Martha Farnsworth, l’insegnante di francese Edwina Morrow (una Kirsten Dust poco riconoscibile, imbolsita, ma assai efficace nel suo ruolo) e l’allieva Alicia (la sempre gradevole e opportuna Ellen Fanning) si contendono lo scettro, quel fallo che, se incorporato, consentirebbe di elevarsi al di sopra delle rivali. Una volta constatata l’impossibilità di domare il significante da esse stesse liberato (e non proveniente dall’esterno, si badi bene), si giunge all’inevitabile castrazione, all’amputazione di uno degli arti inferiori del malcapitato militare: un’evirazione simbolica con cui si pareggiano i conti, ripristinando i rapporti di potere precedenti. In seguito, non resta che espellere l’intruso. Il corpo claudicante di McBurney non riuscirà a riacquisire la sperata salute che gli consentirebbe di autonomizzarsi davvero: non può accadere, è evidente, in quanto egli – chi scrive non si stancherà mai di ripeterlo – è una materializzazione di un fantasmatico ideale femminile, che svanisce non appena perde la sua strumentale funzione di passepartout per la supremazia.
The Beguiled (L’inganno) si pone nei confronti dell’originale di Don Siegel, La notte brava del soldato Jonathan (1971) – in cui la vittima sacrificale era Clint Eastwood – in rapporto dialettico, nel senso che sviluppa la psicologia femminile che nel film precedente era appena abbozzata o restituita di riflesso alla sofferenza patita dal protagonista. La fotografia scura, virata sul grigio-verde di Philippe Le Sourd, rivela l’intento di rappresentare al meglio la natura oscura di una pulsione (quella del dominio) che informa la gran parte della messa in scena. È come se assistessimo a un gioco del gatto col topo, che si conclude con la fagocitazione annunciata e inevitabile di quest’ultimo.
Pubblicato e distribuito da Universal Pictures, L’inganno è disponibile in blu ray in formato 1.66:1 con audio in inglese (DTS-HD Master Audio 5.1), francese e italiano (Dolby Digital Sorround 5.1), e sottotitoli in italiano, inglese per non udenti e olandese opzionabili. Nei contenuti speciali sono presenti: Un cambio di prospettiva; Stile del sud. Inoltre all’interno della confezione c’è un booklet con la prima parte del romanzo di Thomas Cullinan da cui è stato tratto il film.