Un artista eclettico ed estroverso come Hugh Jackman non poteva limitarsi a essere associato principalmente al personaggio di Wolverine. Lo scorso anno, infatti, ne ha sancito ufficialmente il distacco con Logan – The Wolverine, dedicandosi anima e corpo a progetti capaci di esaltarne le doti. Per questo, l’artista ha sposato felicemente il progetto di The Greatest Showman, un musical circense altisonante ed esplosivo che si nutre di musica fragorosa, coreografie pirotecniche e suggestioni ottiche. Realizzata con un impianto scenico puramente barocco e manierista in perfetto stile Luhrmann, la pellicola punta a catturare l’attenzione dello spettatore attraverso siparietti e spettacoli sempre diversi e in continua evoluzione.
La storia gira intorno a P.T. Barnum, un americano povero e scanzonato che riesce a fare fortuna attraverso il proprio fiuto per gli affari e un innato talento manageriale. Avendo sposato una ragazza ricca (una Michelle Williams decisamente sottotono e monocorde), l’uomo teme sempre di non riuscire a garantirle quello di cui ha bisogno, quindi cerca continuamente il modo per guadagnare più soldi. Un po’ per caso, infatti, P.T capisce di poter trasformare il suo polveroso museo di antiquariato in un camaleontico teatro di mostri viventi. O presunti tali. Persone, cioè, affette da evidenti problemi fisici o detentrici di funamboliche capacità motorie che vengono trasformate in veri e propri fenomeni da baraccone. Il tutto condito con scenografie suggestive e irriverenti canzoni d’autore. Impresario e allestitore, intrattenitore e dirigente, scenografo e cabarettista, P.T. modella quindi la propria vita sull’ideale che l’arte riesca a far sentire tutti parte dello stesso spettacolo, almeno sul palcoscenico.
Nonostante alcuni dialoghi risultino piuttosto prevedibili, la storia scorre velocemente e riesce a colpire lo spettatore, a metà tra il frastornato e il tramortito, ma senz’altro estasiato sia dalla bravura di Jackman che dalla propensione musicale di Rebecca Ferguson (protagonista di Life – Non oltrepassare il limite). Da parte sua, l’esordiente Michael Gracey, seduto in cabina di regia, sfoggia le proprie abilità da digital artist pubblicitario e si diverte a realizzare una scoppiettante e policroma celebrazione delle diverse sfaccettature dell’umanità.