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Interviews

Incontro con Armando Iannucci, il regista di Morto Stalin, se ne fa un altro, il film che racconta gli eventi che seguirono la morte del capo supremo dell’Unione Sovietica

Il film, appena nominato a due premi BAFTA per la miglior sceneggiatura e la miglior pellicola, racconta gli eventi che seguirono la morte di Stalin, con i principali ministri impegnati in uno scontro, tanto efferato quanto tragicomico, per ottenere il potere supremo e la guida dell’Unione Sovietica

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In occasione dell’anteprima fiorentina di Morto Stalin, se ne fa un altro abbiamo avuto modo d’incontrare e intervistare Armando Iannucci, regista e sceneggiatore scozzese dalle palesi ed evidenti origini italiane (il padre è napoletano).  Noto in Gran Bretagna per aver ideato la serie tv The Thick of It, commedia satirica sui meccanismi interni al governo britannico, e in America per Veep – Vicepresidente incompetente, serie tv trasmessa dalla HBO ambientata nell’ufficio del vicepresidente degli Stati Uniti d’America, con Morto Stalin, se ne fa un altro è alla sua seconda regia per il grande schermo dopo In the loop, pellicola uscita nel 2009.

Il film, appena nominato a due premi BAFTA per la miglior sceneggiatura e la miglior pellicola, racconta gli eventi che seguirono la morte di Stalin, con i principali ministri impegnati in uno scontro, tanto efferato quanto tragicomico, per ottenere il potere supremo e la guida dell’Unione Sovietica. Un film con un cast artistico angloamericano, tratto da un romanzo a fumetti francese, incentrato sulla morte del famoso dittatore sovietico dall’umorismo corrosivo e pungente, tipicamente british.

Cosa ne pensa del titolo italiano del film (quello originale è The Death of Stalin)?

Mi piace molto, rende molto bene l’idea e rispecchia perfettamente il senso del film. In Gran Bretagna ne abbiamo uno simile: “il Re è morto, lunga vita al Re!”

È stato difficile assemblare un cast di così alto livello, con interpreti del calibro di Steve Buscemi, Michael Palin,  Jason Isaacs e Simon Russell Beale?

Più che difficile è stato lungo, mi ha portato via molto tempo perché ho pensato a un personaggio alla volta e mi è capitato di sceglierli anche per contrasto, per caratteristiche fisiche differenti. Ci tenevo particolarmente ad avere Simon Russell Beale per la parte di Lavrentiy Beria, il capo della polizia segreta dell’Unione Sovietica sotto Stalin. Dopo aver radunato l’intero cast abbiamo provato per tre-quattro settimane prima di iniziare a girare il film.

Lei è autore di alcune serie tv che prendono di mira, in chiave satirica e grottesca, il mondo della politica. Cosa ne pensa della situazione politica italiana, con le elezioni ormai alle porte?

Sono elezioni importanti per voi. In generale ho notato una cosa negli ultimi anni, si è diffusa una certa disillusione nei confronti della politica, specie nei giovani, convinti che votare serva a poco o nulla. Però, dopo la Brexit e l’elezione di Trump alla Casa Bianca, in Gran Bretagna abbiamo avuto un maggior afflusso alle urne.

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Ecco, appunto. Quanto è diventato difficile scrivere e realizzare show satirici sulla politica con Donald Trump presidente degli Stati Uniti?

Trump è la satira di se stesso! Ogni volta che apre bocca realizza già una versione auto-satirica. In questo è imbattibile e nessuna imitazione potrà mai superarlo. La situazione è talmente grottesca e paradossale che in Gran Bretagna è nato da poco un programma tv in cui attori comici sono chiamati a commentare i fatti del giorno. In sostanza riportano le notizie così come sono, senza doversi sforzare di ricamarci su.

Tra i protagonisti di Morto Stalin, se ne fa un altro c’è anche Michael Palin nel ruolo di Molotov. Lo si può leggere come un omaggio e un riferimento ai Monty Python?

Si tratta di un grande attore comico che ho sempre ammirato per tutto quel che ha fatto, non solo in chiave Monty Python. Lo volevo nel cast e ho dovuto pensare a un personaggio che gli calzasse a pennello. Per buona parte del film Molotov non sa bene quale posizione prendere, oscilla tra le varie parte, rimane in bilico, esita.

È stato difficile adattare per il grande schermo l’omonima graphic novel francese da cui è tratto il film?

Non ho mai cercato d’imitare il look e l’aspetto del fumetto francese, anche se la struttura del film ne segue l’andamento. A partire dalla sceneggiatura mi sono concentrato sul film, affinché avesse un ritmo e un respiro cinematografico.

È a conoscenza delle reazioni in Russia al suo film?

Tra poco lo sapremo, il film in Russia esce il 25 gennaio. Mi hanno riferito che alle anteprime stampa lo hanno gradito e hanno applaudito quando Stalin collassa a terra! Sembra che si siano molto divertiti.

Il film alterna momenti comici e grotteschi a sequenze più crude, con scene di esecuzioni e torture.

Ho voluto muovermi tra questi due registri, inserendo diversi dettagli accaduti realmente come il corpo a terra di Stalin scoperto solo il giorno dopo perché tutti avevano paura ad entrare nella sua stanza o il concerto di musica classica eseguito due volte nelle stessa serata perché la prima non era stato registrato e Stalin ne voleva ascoltare una copia. Volevo che il pubblico ridesse e si divertisse senza dimenticare che molto di ciò che vede è accaduto realmente e che la democrazia che diamo sempre per scontata, in realtà non lo è affatto.

Suo padre è napoletano. Il cinema italiano è stato un punto di riferimento per la sua formazione?

Non saprei quanto abbia influito. Ricordo bene l’inizio de La Dolce Vita, con la statua della Madonna trasportata in elicottero, un incipit magnifico. Di Fellini mi è sempre piaciuto la propensione per il grottesco, il suo rendere con efficacia l’isteria di massa. Poi ho amato molto il cinema di Vittorio De Sica, per la naturale semplicità con cui girava e per la capacità di nascondere la propria autorialità in favore delle storie che raccontava.

Dopo l’anteprima fiorentina di martedì 9 gennaio, che ha fatto registrare il tutto esaurito con diverse persone rimaste fuori dalla sala, il film sarà in programmazione alla Fondazione Stensen a partire da giovedì 18 gennaio in versione doppiata e con alcuni spettacoli proposti in lingua originale con sottotitoli in italiano. Per info e dettagli vi rimandiamo al sito dello Stensen.

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