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Ravenna Nightmare: “Bloody Knuckles” di Matt O’Mahoney

Il canadese Matt O’Mahoney, già autore di irriverenti cortometraggi, ha saputo trasferire e concentrare nel film quella vena caustica che, dipanandosi con destrezza tra invenzioni “pulp” e una naturale inclinazione al “politically incorrect”, ne rende quanto mai sapida la visione

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In un’edizione del festival sulle cui locandine campeggiavano, icone immediatamente riconoscibili e soprattutto adorabili, i personaggi della Famiglia Addams, non poteva certo mancare qualche emulo di Mano! E così, buttandola un po’ sullo scherzo, abbiamo introdotto uno dei lungometraggi per noi più esaltanti, tra quelli in concorso a Ravenna: Bloody Knuckles di Matt O’Mahoney. Ma di tutto il film, in realtà, ci siamo limitati a introdurre una assai caratterizzante prerogativa, ovvero quel personaggio che ai nostri occhi è diventato da subito un idolo. Il beniamino della dodicesima edizione del Ravenna Nightmare, potremmo anche dire. Ci riferiamo ovviamente alla “mano vendicatrice” che, staccata violentemente dal braccio del protagonista, prima si rianima in maniera del tutto anomala, assumendo quasi un’identità propria; e riesce poi con fatica a convincere l’ex “proprietario”, decisamente più pavido, a prendersi una rivincita nei confronti dei tizi che l’hanno ridotto così.

Ecco profilarsi, quindi, un implicito omaggio a Mano (a.k.a. Thing) della Famiglia Addams che risulterà parecchio divertente, a partire dalle movenze e dalla “manualità” del suddetto arto, pronto a scatenarsi sullo schermo nei più svariati modi. Ma di Bloody Knuckles non è soltanto questo a esserci piaciuto. Il canadese Matt O’Mahoney, già autore di irriverenti cortometraggi, ha saputo trasferire e concentrare anche nel lungo quella vena caustica che, dipanandosi con destrezza tra invenzioni “pulp” e una naturale inclinazione al “politically incorrect”, ne rende quanto mai sapida la visione. Già dai titoli di testa, con le irresistibili copertine di un immaginario comic book ribattezzato Vulgarian Invasions a prendersi beffe di qualsiasi freno inibitorio, si impone uno spirito gaglioffo e simpaticamente nerd, che rimanda alle tipiche atmosfere da fumetto underground nordamericano; e gli esiti, per quanto di gran lunga più “soft”, sono per certi versi affini alla truculenta demenzialità di certi cult movies targati TROMA (The Toxic Avenger, per esempio). Non a caso il protagonista, quello cui viene segata una mano, è lo stesso fumettista di culto autore del fantomatico Vulgarian Invasions, pubblicazione nelle cui tavole vengono irrisi bigotti, fondamentalisti islamici, politici americani d’impronta più o meno conservatrice e minoranze di vario genere. Ma, quando a essere preso di mira sarà il boss della locale Chinatown, i guai non si faranno attendere, per l’incauto disegnatore e per chi gli è in quel momento vicino…

Se l’autore del dissacrante fumetto si trova a incarnare (salvo amputazioni, si spera) un possibile alter ego dello stessa regista, non sono soltanto le sue peripezie e quelle della sempre più indipendente manina a simboleggiarne gli intenti. Altri piccoli inserti umoristici assolvono degnamente al compito. Tra le tante trovate spicca la notizia, data nel corso di fittizi telegiornali, dell’artista figurativo sequestrato e giustiziato senza troppi scrupoli da un gruppo di esaltati nazionalisti, solo per aver offeso la bandiera del Canada attraverso un’installazione! Oltre a essere esilarante, tale digressione figura insieme ad alcuni dialoghi scritti per Tusk da Kevin Smith tra le cose più beffarde che il cinema abbia proposto, di recente, per prendersi gioco della presunta mansuetudine e tolleranza del popolo canadese.

Stefano Coccia        

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