Cinque fratelli che non sanno di esserlo, un viaggio in America per spargere le ceneri del padre che ha sedotto e abbandonato le loro madri e mettere così le mani su una cospicua eredità.
Nell’anno che ci ha visto orfani dell’oramai tradizionale “Cinepanettone”, ma non della commedia made in Italy con la corsa a tre tra Tutto tutto niente niente, Colpi di fulmine e I 2 soliti idioti, la vera notizia sta nell’assenza di una pellicola vanziniana nel cartellone natalizio. Non è di certo la prima volta che accade, ma la scelta di 01 Distribution di slittare l’uscita nelle sale di Mai Stati Uniti al 3 gennaio 2013 ha tanto il sapore dell’insicurezza, legata – probabilmente o ipoteticamente – al rischio di non riuscire a sopravvivere in un cartellone tanto saturo da far tremare i polsi, vuoi per evitare lo scontro impari con Lo Hobbit, vuoi per la presenza destabilizzante di quelle due mine vaganti di Mandelli & Biggio, senza dimenticare il cartoon di turno. Ma anche il box office sa essere molto imprevedibile, tanto da aver premiato, per quanto riguarda la commedia, il film diretto da Neri Parenti. Fatto sta che l’ultima fatica di Carlo Vanzina, scritta nemmeno a dirlo con il fratello Enrico in collaborazione con Edoardo Falcone, approda nei cinema a partire dal weekend che precede l’epifania in 350 copie, a dimostrazione che la fiducia nei confronti dei brothers c’è, ma non abbastanza da gettare una loro pellicola in una vasca piena di squali. Forse perché non facente parte del tanto “disprezzato” brand natalizio? Saggia mossa o paura di capitolare? A voi l’ardua sentenza.
Mai Stati Uniti è la storia di Antonio (Vincenzo Salemme), un cameriere rovinato dalla passione per il gioco, Angela (Ambra Angiolini), una segretaria single divorata dall’ansia e dagli attacchi di panico, Nino (Ricky Memphis) un ex meccanico, divorziato e senza più lavoro, Carmen (Anna Foglietta) una precaria votata unicamente allo shopping e all’apparenza, Michele (Giovanni Vernia) un giovanotto ingenuo cresciuto in uno zoo. Tra di loro, a parte i guai, i cinque hanno ben poco in comune, anzi non si conoscono proprio. Ma vengono uniti da un notaio, e soprattutto dal destino, grazie all’eredità di un padre mai conosciuto e di cui nessuno di loro sospettava l’esistenza. Erano fratelli e non lo sapevano! Adesso, per incassare l’eredità, tutti insieme devono portare le ceneri del padre negli United States of America e spargerle in un lago dell’Arizona.
I figli di Steno sbarcano per la terza volta oltreoceano per portare sul grande schermo il racconto di una famiglia ritrovata, composta da un gruppo di fratelli e sorelle chiamato ad accompagnare l’ultimo viaggio del padre come è stato per L’ultimo bicchiere di Fred Schepisi, 18 anni dopo di Edoardo Leo e Dietro l’angolo di Jordan Roberts. Ne viene fuori un film sul senso e il valore della famiglia, tratteggiato con i toni leggeri, ma non per questo superficiali, della commedia nostrana degli ultimi anni. Un viaggio che si tramuta, come spesso succede in questi casi, in un percorso di conoscenza reciproco tra persone che fino a qualche giorno prima non erano altro che perfetti sconosciuti, con un bagaglio reciproco di fallimenti, nevrosi, incertezze, vizi e anche qualche virtù. Tra avventure e disavventure, i cinque impareranno a volersi bene, ad accettarsi nonostante in comune ci sia solo una paternità venuta meno. Lo sfondo di questo road movie familiare è ancora una volta l’America, percorsa in automobile dal South Dakota all’Arizona in compagnia di un’urna cineraria a fare da collante nei momenti difficili. Quella stessa America che nell’arco di trent’anni ha cambiato volto, ma che nell’immaginario dei Vanzina, a giudicare da Vacanze in America, Sognando la California e proprio Mai Stati Uniti, sembra essere rimasta la stessa, anche se nel caso della pellicola del 2013 il tema al centro del plot va oltre la vacanzuola che sa di cazzeggio, come quella affrontata nel 1984 dal gruppo di studenti di una scuola privata romana o dai quattro quarantenni ex compagni di università nel 1992.
La cinquantaquattresima opera scritta e diretta dai Vanzina per il cinema è una commedia on the road poco sofistica, ma molto efficace, epurata per fortuna da quella comicità pecoreccia e senza peli sulla lingua che imperterrita continua a trovare seguito tra il pubblico medio. Efficace per il ritmo incalzante delle battute e la costruzione delle varie situazioni buffe che si vanno via via susseguendo sullo schermo al posto dei soliti sketch isolati, un po’ meno per il disegno dei personaggi che appaiono piuttosto stereotipati, Mai Stati Unitisi appoggia alla coralità, ma come spesso avviene sono le individualità ad emergere. Non è un caso, infatti, che le scene più riuscite sono proprio quelle che vedono coinvolto il Nino interpretato con la solita ironia travolgente da Ricky Memphis (dalla stazione di servizio sperduta alla stanza d’albergo in quel di Las Vegas, dal prologo sul palco di una festa per bambini al faccia a faccia con il grizzly alle pendici del monte Rushmore).
Nonostante qualche passaggio fotocopia e una mezza dozzina di battute rispolverate dal repertorio del duo, Mai Stati Uniti va di diritto a iscriversi in quella fetta di filmografia dei Vanzina degna di nota, una filmografia da sempre affetta da una discontinuità cronica che dal debutto nel 1976 con Luna di miele in tre in poi ha sfornato cult (Eccezzziunale… veramente, Sapore di mare), migrazioni verso altri generi (Sotto il vestito niente), cocenti bocciature e revival da dimenticare (qui la lista è piuttosto lunga), ma anche piacevoli sorprese come il recente Ex-Amici come prima!
Francesco Del Grosso
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