Gli uni uccidono il loro amore quando son giovani,
gli altri quando son vecchi;
(…) i migliori si servono d’un coltello,
perché subito i morti si raffreddano. (…)»
Oscar Wilde – La Ballata del carcere di Reading, 1854
Esce nelle sale italiane l’8 Novembre Balada triste de trompeta, l’ultimo lungometraggio del regista di Bilbao de La Comunidad, il film che alle soglie del nuovo millennio ha consacrato DeLa Iglesia al grande pubblico. L’estro bizzarro e tinto di noir del cineasta spagnolo galoppa a briglie sciolte verso orizzonti che appaiono senza confini.
“Ho fatto questo film per esorcizzare un dolore nella mia anima che non se ne andrà via facilmente, come una macchia d’olio. Mi lavo i vestiti con i film. Mi sento ridicolo, orribilmente mutilato da un passato meraviglioso e triste, come se stessi annegando nella nostalgia per qualcosa che non è mai successo, un incubo enorme che non mi permette di essere felice.” Questo scrive nelle note di regia della sua ballata triste Álex DeLa Iglesia, che ci regala in questo nuovo film personaggi così grotteschi e miseri che fanno ridere e piangere insieme.
Nel lontano 1937, il Pagliaccio di un circo viene interrotto durante il suo spettacolo per bambini ed è costretto, con indosso ancora il suo costume di scena, ad arruolarsi seduta stante in un gruppo di repubblicani. Rimasto presto solo, suo figlio, il piccolo Javier (Carlos Areces) è deciso a seguire le orme del padre e, ingaggiato in un circo, diventerà il Pagliaccio Triste, non avendo mai conosciuto l’infanzia e la gioia. Come una meteora che attraversa la Guerra Civile spagnola e la caduta del regime franchista, la sua vita sarà il percorrere una strada già battuta, l’incarnare una spietata e mortale vendetta, alla ricerca di un riscatto umano attraverso vertiginosi déjà vu di una storia drammatica, ironica e grottesca.
Come in Freaks di Browning (1932) e in La Stradadi Fellini (1954), il mondo del circo, vero habitat di Javier, è un microcosmo a se stante, popolato da personaggi unici la cui esistenza trova ragione dentro il perimetro segnato dal tendone e dalle roulottes. Domatori di leoni, uomini volanti, giocolieri e trapezisti si muovono frenetici tra la polvere e gli applausi intorno a Javier mentre sopra i suoi occhi si srotola in un drappo la bella Natalia (Carolina Bang), l’acrobata che lo travolgerà nel vortice di una passione fatale, innescando un esplosivo che riposava nel suo cuore di vecchio e di bambino. Il corpo di Natalia ha, però, già un padrone: appartiene a Sergio (Antonio De La Torre), il Pagliaccio del circo, sorta di alter ego di Javier. I due uomini si contenderanno la bella acrobata in una lotta all’ultimo sangue in cui la smania di possesso, la lussuria, la tenerezza e la castità si mescolano dando vita a una violenta onda di indifferenziati istinti primordiali che straripa dagli argini ed esonda nel mondo reale, abbattendosi tutt’intorno e disintegrando l’oggetto del desiderio.
Premiato con il Leone d’Argento per la Migliore Regia e il Premio Osella per la MiglioreSceneggiatura alla 67° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, la Ballata dell’odio e dell’amore porta l’inconfondibile firma di un autore che ha ancora molto da dire e da cui dovremo aspettarci acrobazie registiche e di sceneggiatura degne del circo a cui ha dato vita in questo film imperdibile.
Manuela Materdomini
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