Betty Hutton in Anna Prendi il Fucile (Annie Get Your Gun, 1950) e Doris Day in Non Sparare Baciami (Calamity Jane, 1953)
1950: la fine della seconda guerra mondiale portò migliaia di giovani soldati di nuovo sul suolo americano, ansiosi di riprendere in mano le redini della propria vita e di creare nuove famiglie in case nuove, con nuovi posti di lavoro. Con un’energia mai provata in passato, l’industria americana si amplificò per soddisfare le esigenze in tempo di pace. La popolazione si ritrovava per la prima volta a poter acquistare beni non disponibili durante la guerra e, mentre perfetti steccati bianchi venivano eretti intorno a piccole ed efficienti casette suburbane per proteggere prati fioriti, giovani studenti imparavano il futile quanto placebico rituale del duck and cover, mentre il Presidente in carica da un anno, Harry Truman, salutava per la prima volta i suoi concittadini dallo schermo di un televisore, la Transcontinental Television. È l’inizio di una nuova era. Mentre la popolazione è presa dal rinnovato vigore economico e dai nuovi giocattoli della tecnologia moderna, dalla radio fuoriescono melodie leggere, testi dolci di canzoni innocenti e inoffensive. La colonna sonora del boom ha le voci rassicuranti di Rosemary Clonney, Perry Como e Richard Boone. Nonostante tutto ciò, l’autocompiacimento bianco non riuscì a trattenere la vitalità del Black R&B e quegli inconsapevoli steccati bianchi di lì a poco avrebbero cominciato a tremare al suono di quello che sotto la superficie giaceva silente ma in agguato, il rock ‘n roll… Ma questa è un’altra storia. Noi rimaniamo qui, nella candida e asessuata era dei letti separati, nella landa dove il sole non tramonta mai…
Betty Hutton
Uno dei generi prediletti del periodo non poteva che essere il musical. Se l’esplosione del genere era avvenuta il decennio precedente, negli anni Cinquanta troviamo alcuni degli esempi di maggiore successo (basti pensare che nel corso del decennio ben due musical si aggiudicheranno la statuetta degli Oscar). La voglia di musical porterà gli studio a proporre il genere in tutte le salse, dal melodramma alla commedia, persino in versione western. Difatti, nel 1950, tra i diciotto musical che verranno distribuiti, uno dei primi sarà Anna prendi il fucile. Con canzoni e musiche di Irving Berlin, su libretto di Dorothy e Herbert Fields, Anna ha origine sulle toghe di legno dei palchi di Broadway, dove debutta per l’esattezza al Teatro Imperiale il 16 maggio 1946, con uno spettacolo che avrà 1.147 repliche nella sua prima edizione, culminando l’anno successivo in un tour negli Stati Uniti che partirà da Dallas. Il successo dell’opera la fa sbarcare anche oltreoceano e, nello stesso anno in cui Annie du Far West debutta al Théâtre du Châtelet a Parigi, in patria la Metro Golden Mayer mette in cantiere la sua trasposizione cinematografica.
Judy Garland doveva essere originariamente la protagonista ma si tirò fuori dalla produzione per motivi di salute (la compagna di Vincente Minelli soffriva già da tempo di depressione e abuso di alcol) e fu sostituita all’ultimo da Betty Hutton che, una volta superato il risentimento generale legato alla rinuncia della Garland, riuscì a regalare una performance eccellente. La Hutton, quindi, si trovò a dare il volto alla leggendaria tiratrice Annie Oakley, che dai backwoods statunitensi si ritrova sui gradini più alti dello star system internazionale. Il suo mentore è Buffalo Bill, interpretato da Louis Calhern (come Hutton, Calhern fu una sostituzione dell’ultima ora a causa dell’improvvisa morte del caratterista Frank Morgan). Grande rivale di Annie è invece l’arrogante tiratore Frank Butler (Howard Keel), nelle cui braccia finirà la sua storia, arrivando al punto di perdere una partita importante pur di dimostrargli il suo amore (sequenza che non brilla certo per i suoi forti principi di eguaglianza o ancor meno di femminismo). Da sottolineare la presenza di J. Carroll Naish che si distingue nel ruolo di Toro Seduto, personaggio che nella pellicola ha il totale monopolio delle risate. Praticamente tutte le canzoni di Irving Berlin sono state mantenute dalla versione di Broadway, tra cui probabilmente quella che più è rimasta nell’immaginario collettivo è There’s No Business Like Show Business, che fu poi riutilizzata in innumerevoli occasioni. A causa di un complicato groviglio giuridico invece, che ha coinvolto in una disputa di copyright Irving Berlin e i librettisti Herbert e Dorothy Fields, Annie Get Your Gun non è stato trasmesso in televisione, né distribuito in nessuna forma per decenni.
Per quello che riguarda Non sparare baciami (1953) – che avevamo già avuto modo di menzionare nel precedente numero di Dust, n.d.r. – è forse più giusto definirlo (come del resto anche Anna prendi il fucile) un wild West themed musical, o meglio un musical dal sapore western. Liberamente (ma davvero molto liberamente) ispirato alla vita di Mary Jane Burke, meglio conosciuta come Calamity Jane, la pellicola ruota intorno alla presunta storia d’amore tra la protagonista e Wild Bill Hickok. Calamity, che nella vita aveva un volto duro, coriaceo, come scolpito nel granito, sullo schermo prende le fattezze rosee della biondissima Doris Day. Il film è dichiaratamente una risposta della Warner al successo del film con la Hutton della rivale MGM. Non a caso accanto alla vaporosa Doris Day, nel ruolo del suo “love interest” troviamo di nuovo Howard Keel. A distanza di tempo si può dire che questa piccola sfida tra studio sia stata vinta proprio dalla Warner. Non sparare baciami, difatti, forse perché concepito direttamente per il grande schermo, risulta più fluido, sicuramente anche grazie alla sua protagonista. La Day di lì a poco, grazie a una serie di fortunatissime commedie leggere, sarebbe diventata la fidanzatina (o forse sarebbe meglio dire mogliettina) prediletta d’America, mentre invece della Hutton nell’immaginario collettivo è rimasto ben poco.
Joan Crawford in Johnny Guitar (1954)
Il vento non sembra mai fermarsi, il suo rumore sottile e incessante in sottofondo, la polvere sporca che colora ogni cosa nella periferia di una piccola cittadina dell’Arizona, la cui economia si basa interamente sull’allevamento di bestiame. A gestire il saloon locale è l’aggressiva e volitiva Vienna (Joan Crawford), che con gli allevatori sembra avere un rapporto di reciproca diffidenza. Non solo è a favore della costruzione della nuova ferrovia nelle vicinanze della cittadina (i mandriani e i paesani si oppongono), ma condivide il letto con un noto rapinatore, il violento Dancin’ Kid (Scott Brady) e permette alla gang di quest’ultimo di frequentare il suo locale fumoso. Questa precaria e tesa situazione viene stravolta dall’arrivo dell’ex amante di Vienna, Johnny Guitar (il grande Sterling Hayden), un pistolero riformato il cui vero nome è Johnny Logan. Con la ritirata di Dancin’ Kid e la sua banda, la vita per la coppia sembra tranquilla e accogliente fino al momento in cui Kid decide di rapinare la banca della città. Negli abitanti si insinua ben presto il sospetto che Vienna abbia giocato una parte nel colpo e, guidati dalla vendicativa Emma Small, un’allevatrice di bestiame che da sempre nutre un odio viscerale e incontrollato per Vienna, una posse discende sul saloon radendolo al suolo. Emma convince gli uomini a impiccare Vienna, che però all’ultimo momento viene salvata eroicamente da Johnny Guitar. Vienna e Johnny riescono a sfuggire alla posse, raggiungendo Kid al suo rifugio. E per tutti quanti arriverà il momento di confrontarsi e di pareggiare i conti, con tutto lo spargimento di sangue che ciò comporta…
Nicholas Ray
Johnny Guitar (inserito qualche anno fa nella National Film Registry come film storicamente e culturalmente significativo) è una pellicola drammatica del 1954 della Republic Pictures e porta la prestigiosa firma di Nicholas Ray. La sceneggiatura, invece, basata sul romanzo omonimo di Roy Chanslor, è firmata da Philip Yordan, prestanome per lo sceneggiatore Ben Maddow che, come molti suoi colleghi (ricordiamo tra i tanti l’immenso Dalton Trumbo, ma anche lo stesso Hayden, che ebbe non pochi problemi con la commissione del senatore McCarthy), fu “blacklisted” per presunte attività comuniste.
Il film fu recepito molto male al momento della sua uscita nelle sale. Il New York Times parlò così dell’interpretazione della Crawford: “…no more femininity comes from her than from the rugged Mr. Heflin in “Shane”. For the lady, as usual, is as sexless as the lions on the public library steps and as sharp and romantically forbidding as a package of unwrapped razor blades”. Le valutazioni di Variety non furono più generose. Ma in Europa, e soprattutto nella lungimirante Francia, dove stava prendendo piede la nouvelle vague, la visione dell’opera di Ray fu ben diversa. Truffaut rimase affascinato dai colori decisi con forti virate sul rosso, dalle aggraziate morti coreografate come balletti e dai dialoghi di stampo quasi shakespeariano, definendo il film una versione western de La bella e la bestia. Pur non diventando un titolo conosciuto dalle “masse”, l’eredità di Johnny Guitar è lunga e complessa, trascendendo il genere (cosa rara per un western). Basti pensare all’omaggio riservato al film in Donne sull’orlo di una crisi di nervi di Almodóvar, anche se l’influenza più grande, come vedremo nel prossimo numero, arriverà con una sinfonia di morte…
Eugenio Ercolani