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In Sala

The Lady

Presentato in anteprima all’ultima edizione del Festival di Roma, ed ora in uscita nazionale in concomitanza delle ultime elezioni politiche in Birmania, il film racconta la lotta alla quale l’attivista birmana Aung San Suu Kyi ha dedicato la sua intera vita in nome degli ideali di libertà

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Anno: 2011

Distribuzione: Good Films

Durata: 127’

Genere: Drammatico

Nazionalità: Francia

Regia: Luc Besson

Tra le folle acclamanti e le piazze in rivolta emerge l’intima necessità di lasciare affiorare il calore umano dai visi segnati di chi vede negata la propria libertà: sembra questa la scelta di Luc Besson per il suo ultimo monumentale film sulla vita della lady birmana San Suu Kyi.

Così ai totali e i campi lunghi, attraverso i quali mettere in scena gli eventi più significativi degli ultimi decenni della storia birmana, si contrappone il racconto privato di due sposi separati per oltre diciotto anni a causa degli arresti domiciliari imposti alla leader.

Presentato in anteprima all’ultima edizione del Festival di Roma, ed ora in uscita nazionale in concomitanza delle ultime elezioni politiche in Birmania, il film racconta la lotta alla quale l’attivista birmana Aung San Suu Kyi ha dedicato la sua intera vita in nome degli ideali di libertà. Di ritorno dall’Inghilterra dove viveva con la sua famiglia, la protagonista arriva in Birmania per accudire la madre morente e, trovandosi nel mezzo delle lotte studentesche ed i massacri perpetrati a danno della popolazioni, decide di dedicarsi al suo paese, rimanendo ostaggio nella sua stessa casa. “Non volevo che fosse un film politico né tanto meno un documentario”: così Besson spiega quanto sia stato difficile mediare tra la dimensione pubblica e quella privata di un personaggio così discusso  e complesso.

Sono le parole fra i due sposi, discrete, pacate e dense di quella dignitosa caparbietà magistralmente messa in scena da Michelle Yeoh, a donare all’ultimo lavoro di Besson un tocco lieve, quella grazia leggiadra che rende il personaggio protagonista una figura a tutto tondo, nella cornice di un dittatura militare dedita al massacro.

‘Gandhianamente’ garbata, la lady si pone come baluardo della democrazia, difendendola con un silenzio così tenace da incutere timore, fino ad essere ricompensato con il rilascio alla fine del 2010, durante le riprese di quella brevissima liberazione avvenuta oltre dieci anni prima, tanto che la realtà sembra quasi confondersi con la finzione cinematografica.

Potrei raccontarti quando la Birmania una volta era la terra d’oro”: così le parole del padre risuonano in San Suu Kyi, tanto da spingerla a seguire quella strada per cui alla violenza di un governo militare si pone come scudo la forza pacata di una dolcezza capace di difendere la libertà del proprio paese.

Martina Bonichi

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