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“Sherlock Holmes” Christmas Special

Tutto il cinema degli anni Settanta. Rubrica a cura di Paolo Gilli

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Per questa speciale edizione natalizia di Double Bill quadruplichiamo il numero di film e ci concentriamo su un gruppetto di pellicole, che hanno due caratteristiche principali in comune. In primis hanno tutte come protagonista – in un modo o nell’altro – il più famoso detective del mondo, l’inimitabile Sherlock Holmes. In secondo luogo si tratta di avventure non basate sul canone ufficiale (ossia i 4 romanzi e i 56 racconti scritti da Sir Arthur Conan Doyle), ma che proprio per questo rappresentano un tassello affascinante all’interno dell’universo (cinematografico) holmesiano.

Partiamo con The Private Life of Sherlock Holmes (Vita privata di Sherlock Holmes, 1970), uno dei film più sottovalutati del grande Billy Wilder. Il regista, insieme al fedele I.A.L. Diamond, è anche il responsabile della sceneggiatura, che vede il nostro eroe in una vicenda di spionaggio dalla portata internazionale. In questo affezionato omaggio Wilder ci offre uno sguardo sulla vita privata dell’investigatore, premurandosi – all’interno della storia – di tenere distinti il “vero” Holmes e quello descritto dal Dr. Watson (interpretati rispettivamente da Richard Stephens e Colin Blakely). Nel montaggio originale il film era composto da quattro singole storie (ne rimangono soltanto due), ma purtroppo prima dell’uscita nelle sale fu notevolmente tagliato, aspetto che si può notare in diversi momenti durante la visione. Attualmente le possibilità di vedere una versione integrale sono minime, ma il film viene comunque considerato da molti puristi come la più riuscita (o perlomeno fedele) rappresentazione tra le pellicole “non ufficiali” dedicate al personaggio.

Praticamente sconosciuto invece è They might be Giants (1971) di Anthony Harvey. Tratto da uno spettacolo teatrale di James Goldman (qui anche sceneggiatore e produttore) racconta la storia di Justin Playfair (George c. Scott), un milionario che dopo la morte della moglie si è ritirato in un mondo di fantasia, in cui lui stesso è Sherlock Holmes. Ovviamente la sua preoccupazione principale è quella di sventare i piani allestiti dalla sua nemesi, il Dr. Moriarty. Il quadro si completa quando Justin fa la conoscenza della Dr.ssa Mildred Watson (Joanne Woodward), in realtà una psicologa incaricata di valutare il suo stato di salute mentale. Quando però i due intraprendono la ricerca dell’immaginario Moriarty, il rapporto medico-paziente si trasforma in una vera amicizia e la divisione tra realtà e fantasia si fa sempre più sottile.

Harvey, già montatore di Il Dottor Stanamore (Stanley Kubrick, 1964), gira un film divertente, misurato e allo stesso tempo molto delicato, che oltre ad attingere alla figura creata da Conan Doyle, incorpora anche elementi del Don Quixote, cosa evidente fin dal titolo. Il rapporto tra Playfair e Watson infatti ricalca quella tra Don Quixote e Sancho Panza, col primo chiaramente delirante nel seguire gli indizi visibili soltanto a lui, e l’altro che – nonostante l’evidente assurdità della situazione – lo segue prima per dovere, poi per amicizia. E quando nel finale i due si trovano lungo i canali di un fiume, circondati dalla fitta nebbia con lo sguardo rivolto verso l’oscurità ignota, terrorizzati dall’avvicinarsi del rumore (forse immaginario) di zoccoli di cavallo, They might be Giants ci mostra uno di quei finali straordinari che solo gli anni Settanta erano in grado di regalare. Un gioiellino.

The Adventure of Sherlock Holmes’ Smarter Brother (Il fratello più furbo di Sherlock Holmes, 1975) è il debutto alla regia del comico Gene Wilder, anche sceneggiatore e protagonista. In questo film, nettamente influenzato dal cinema di Mel Brooks (con cui Wilder aveva lavorato tre volte in precedenza per The Producers, Blazing Saddles e Young Frankenstein), Sherlock Holmes viene incaricato dalla regina Vittoria in persona di risolvere il caso del furto di un documento vitale per le sorti dell’Inghilterra. Holmes, per non farsi notare, affida un’indagine di facciata al fratello minore Sigerson (Wilder). Inoltre gli affianca un sergente di Scotland Yard, Orwill Tacher (interpretato dal fenomenale Marty Feldman), dotato di una memoria fotografica. The Adventure of Sherlock Holmes’ Smarter Brother non tenta mai di nascondere la sua derivazione brooksiana (nel cast ci sono anche Madeline Kahn e Dom De Luise) e pur non raggiungendo i livelli dei film di Brooks è una commedia demenziale piuttosto riuscita e soprattutto assai divertente.

Nel 1975 esce anche il curioso The Seven Per-Cent Solution (La soluzione sette per cento) di Herbert Ross, tratto dal bestseller di Nicholas Meyer, in cui viene affrontato uno degli argomenti più spinosi riguardanti il geniale detective: la sua dipendenza dalla cocaina. Holmes (Nicholas Williamson) infatti, paranoico e delirante, viene portato dal Dr. Watson (Robert Duvall) a Vienna per essere ricoverato come paziente di Sigmund Freud (Alan Arkin). Durante il suo soggiorno riesce a risolvere un misterioso sequestro di persona dai risvolti internazionali, mentre allo stesso tempo viene a galla una segreto nascosto nel profondo del suo subconscio, che coinvolge anche la sua nemesi, il Dr. Moriarty (Laurence Olivier). Tristemente dimenticato, questo pastiche tra giallo e commedia merita una riscoperta.

And now for something completely different. Purtroppo i Monty Python non hanno mai realizzato un film su Sherlock Holmes, ma perlomeno uno di loro, John Cleese, si è confrontato con il personaggio in The Strange Case of the End of Civilization as We know it (1977), in cui i nipoti di Holmes e Watson tentano di catturare l’unico discendente del Dr. Moriarty. Il film, low budget e con la durata di soli 56 minuti, sembra uno sketch del Flying Circus tirato per le lunghe e, nell’insieme, è poco più che una bizzarra curiosità.

Anche il regista canadese Bob Clark ha detto la sua sul detective con il notevole Murder By Decree. In questa pellicola del 1979, Holmes (Christopher Plummer) e il Dr. Watson (James Mason) si confrontano con il male assoluto della loro epoca, Jack The Ripper. Anche se la premessa sembra presa da qualche paperback pulp (e infatti è tratta da Jack The Ripper: The Final Solution di Stephen Knight, che a sua volta si ispirava al film A Study in Terror del 1965), l’adattamento è piuttosto rispettoso nei confronti del personaggio letterario. Clark, pur avendo raggiunto il massimo successo con la commedia Porky’s (1982), veniva dal horror (suo il classico slasher Black Christmas, 1974) e sapeva il fatto suo. Murder By Decree da questo punto di vista rimane unico all’interno della cinematografia holmesiana.

Tra il 1984 e 1985, Chris Columbus scrive tre sceneggiature poi prodotte da Steven Spielberg: Gremlins, The Goonies e Young Sherlock Holmes. Conosciuto anche come Pyramid of Fear (da noi Piramide di paura) il film di Barry Levinson è una riuscita rivisitazione delle origini dei personaggi di Conan Doyle, alla cui base c’è l’idea che Holmes e Watson si siano conosciuti già da adolescenti, fornendo allo stesso tempo nuove spiegazioni su molti aspetti riguardanti il mito sherlockiano. Il risultato è un mystery per ragazzi come oggi non se ne fanno più e, pur non essendo stato all’epoca un grande successo, con gli anni è diventato un vero cult e anche Guy Ritchie deve averlo avuto in mente quando ha diretto il suo Sherlock Holmes (2009).

Chiudiamo con Without a Clue (Senza Indizio, 1988) di Thom Eberhardt, che reinterpreta il mito del detective di Baker Street in chiave comica. In questa versione infatti la premessa è la seguente. Il Dr. Watson (Ben Kingsley) ha creato il personaggio di Holmes solo in modo da poter egli stesso indagare su una serie di casi da lui poi risolti brillantemente. Quando il pubblico e la stampa però pretendono di vedere Sherlock Homes in persona, Watson per non tradirsi ingaggia un attore (Michael Caine) di teatro alcolizzato per interpretare la parte. I due vengono coinvolti in un nuovo caso e alla fine Watson sarà riconosciuto come il vero genio della coppia. Un’avventura simpatica che si ricorda soprattutto per i duetti tra Caine e Kingsley.

Chissà se nel prossimo futuro, visto il successo della nuova versione di Guy Ritchie e della splendida reinterpretazione in chiave moderna recentemente prodotta dalla BBC, qualcuno si riguarderà questo gruppetto di film e deciderà di giocare ulteriormente con il personaggio, magari realizzando Sherlock Holmes’s War of the Worlds, in cui il detective viene proiettato nel mondo di H.G. Wells.

Paolo Gilli

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