14. Genova Film Festival: “PROMETEO DEPORTADO” di Fernando Mieles
14. Genova Film Festival: La serata inaugurale è stata dedicata ad una pellicola esemplare del nuovo cinema ecuadoriano, “Prometeo deportado” (2010), salutata con interesse e partecipazione anche dai connazionali, che qui formano la più grande comunità ecuadoriana all’estero. Con un’ironia a tratti pungente, l’esordiente Fernando Mieles ha immerso la multisala che ha accolto la proiezione. A cura di Lucilla Colonna
Il Porto Antico, che riflette nelle sue acque placide una città in continuo fermento, ospita dal 27 giugno al 3 luglio la quattordicesima edizione del Genova Film Festival.
La serata inaugurale è stata dedicata ad una pellicola esemplare del nuovo cinema ecuadoriano, Prometeo deportado (2010), accolta con interesse e partecipazione anche dai connazionali, che qui formano la più grande comunità ecuadoriana all’estero. Con un’ironia a tratti pungente, l’esordiente Fernando Mieles ha immerso la multisala The space, ricavata dagli storici magazzini genovesi del cotone, in uno dei più classici ed enigmatici non luoghi: l’aeroporto.
Il film è infatti interamente ambientato in un aeroscalo europeo, dove un gruppo eterogeneo di migranti e turisti ecuadoriani, appena atterrato, viene rinchiuso in una sala d’aspetto e privato di bagagli e documenti.
“Una volta l’uomo aveva un’anima e un corpo, oggi ha bisogno anche di un passaporto, altrimenti non viene trattato da essere umano” avvertiva già nel 1946 lo scrittore Steven Zweig. E il cinema ha già rappresentato tante volte il panico che assale chi non può esibire un documento d’espatrio: Come dimenticare le interpretazioni di Zbigniew Zamachowski in Film bianco (1994) e di Tom Hanks in The terminal (2004)? Ma in Prometeo deportado l’angoscia viene vissuta in una dimensione collettiva, lo sgomento di ciascun individuo si somma e concatena a quello dell’altro. Difficoltà materiali come la fame, il freddo o la pulizia del corpo e problemi psicologici come la paura, la nostalgia o l’insicurezza vengono affrontati in modo corale, tanto che le scene più incisive risultano proprio quelle che vedono in campo, di volta in volta, la solidarietà o la rivolta di gruppo.
Con attenzione ai dettagli, l’autore dipinge in toni da commedia le caratteristiche e i costumi peculiari degli ecuadoriani. In più, dalla singolarità di un popolo prova a risalire all’universale, inseguendo un curioso connubio fra realismo e mito, nel quale non può mancare, come nella migliore tradizione latinoamericana, l’elemento fantastico. Infatti, la piccola comunità è rischiarata dalla presenza del giovane mago Prometeo (Carlos Gallegos), impegnato a restituire l’antico splendore ad un’Afrodita (Ximena Mieles) lontana anni luce dall’intensa e allegra sensualità profusa nell’omonimo saggio di Isabel Allende. Al talentuoso Prometeo non è affidato solo il compito di risolvere il dramma dei viaggiatori, ma anche quello di alleviare il senso di frustrazione e di claustrofobia che inevitabilmente assale lo spettatore durante la visione.
Lucilla Colonna
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