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In Sala

The tree of life

Complessità visiva e strutturale accompagnano lo spettatore nel viaggio della vita diretto da Malick

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Anno: 2011

Durata: 139′

Distribuzione: 01 Distribution

Genere: Drammatico

Nazionalità: USA

Regia: Terrence Malick 

Mentre Cannes accoglie tra applausi e dissensi l’ultima attesa fatica del perfezionista e schivo maestro Terrence Malick, The Tree of Life, Roma si allinea alla programmazione del festival più ambito invitando la stampa a godere in anteprima della visione del pionieristico viaggio visivo e spirituale destinato a diventare una pietra miliare nella storia del cinema. Siamo nel Midwest degli anni ’50, alle prese con un lutto famigliare dal quale si dipana nel corso dei decenni la storia del film vissuta attraverso lo sguardo di Jack. Jessica Chastain e Brad Pitt sono due genitori molto diversi per indole e retroterra culturale: lei è una madre amorevole votata alla grazia e al perdono, lui un genitore duro che impone ai figli la logica della forza e della supremazia. Jack (interpretato nella fase adolescenziale da un esordiente Hunter McCracken) cresce dilaniato dal conflitto tra le diverse attitudini genitoriali, passando dall’età dell’innocenza alla violazione di essa fino ad arrivare alla maturità (Sean Penn) con un rapporto padre/figlio da ricucire.

Ecco perché ‘The Tree of Life’ è uno dei film più belli di sempre.

Riuscire a contenere la complessità concettuale, stilistica e linguistica di Malick all’interno di un recinto scritto è impresa ardua, se non impossibile. Il regista estraneo ai circuiti convenzionali, riluttante a rilasciare interviste e intenzionato a vivere il cinema come esigenza (in circa quarant’anni di carriera inaugurati con La rabbia giovane (Badlands,1973), The Tree of Life è solo il quinto lungometraggio), consegna allo spettatore un’opera di rara bellezza e dalle molteplici possibilità di navigazione. La struttura narrativa classica si frantuma alla ricerca di percorsi emotivi da cogliere con le immagini, i gesti, il sonoro e, come di consueto, il compito di condurci per i sentieri spazio-temporali tracciati è affidato a una voice over che sussurra pensieri, suggerisce emozioni, guida la mente e il cuore. Il conflitto tra Brad Pitt e Sean Penn, la cui necessità riconciliatrice è palpabile, sebbene mai concretizzata, è al centro della storia. Da questa contrapposizione irrisolta prende le mosse l’esplorazione di sé e del mondo circostante intrapresa da Jack che, alle prese con le prime delusioni e incongruenze della vita, si abbandona alla spasmodica ricerca di risposte. Le sue impegnative speculazioni etiche, morali e religiose toccano le questioni universali e annose cui le indagini umane cercano da sempre una soluzione: l’imperscrutabile volontà di Dio, la facile tentazione ad agire nel male, l’anelato e faticoso sentiero della Grazia. La contrapposizione evocata nelle scene iniziali tra grazia e natura intese come il trionfo, rispettivamente, dell’amore e dell’egoismo, trova la sua attualizzazione nella famiglia di Jack, incarnandosi in modo articolato seppur manicheo nelle figure della madre e del padre. Senza provocare strappi nel tessuto filmico, Malick gestisce il passaggio da una dimensione intima e raccolta a uno sguardo di più ampio respiro che si espande su questioni cosmiche, quali la formazione dell’universo, la nascita delle prime forme di vita, l’inimmaginabile punto d’arrivo dell’esistenza.

La delicata trasposizione in immagini di una rarefatta riflessione esistenzialista pervasa da un sentimento religioso universale, si risolve in un tripudio visivo senza eguali arricchito da simbolismi a volte criptici. La macchina da presa si sofferma su dettagli emozionali sempre pronti a consegnare la spontaneità della scena, cattura condizioni dell’animo, segue linee audaci che culminano con inquadrature puntate verso l’alto e che rivelano un continuo atteggiamento interrogativo rivolto a un interlocutore silenzioso.

Impareggiabile lavoro di equipe con Douglas Trumbull agli effetti speciali (2001: Odissea nello spazio), Emmanuel Lubezki alla fotografia in continuo divenire, Alexandre Desplat alle musiche (veri e propri paesaggi sonori da esplorare), The Tree of Life cattura nelle immagini l’essenza di un sogno collettivo a cui la coscienza si abbandona senza remore.

Francesca Vantaggiato

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